Siamo pronti a sposarci?
Per quanto intima, romantica e idilliaca possa essere una proposta di matrimonio non è mai un fatto individuale. Non lo è per varie ragioni. Non ci si sposa da sé. Si sposa un altro che si sta scegliendo di amare “come” se stessi e per tutta la vita. Non è solo l’emozione del momento, è un si che si rinnova ogni giorno e che si fa più forte proprio quando ce n’è più bisogno, quando la vita lo mette alla prova.
Non è un fatto solo privato, è un atto sociale. Con il matrimonio si stringono legami di parentela con la famiglia del coniuge ma non si sposa la sua famiglia. Non è garanzia di “sistemazione personale”. Sugellando il proprio sì ci si impegna reciprocamente a compartecipare allo sviluppo della nuova famiglia ed alla cura ed accudimento dei figli che verranno.
È una decisione del qui e ora che ha risvolti per il resto della propria e altrui vita. E allora come fare a capire se è arrivato il tempo di fare insieme, e proprio con questa persona, un passo così importante senza lasciarsi sopraffare dalle normali paure che una scelta definitiva porta con se?
Le coppie sono tutte diverse tra loro, non ce n’è una con la storia uguale all’altra. Alcune volte la decisione di sposarsi matura contemporaneamente in entrambi, altre volte è uno dei due a prendere l’iniziativa, qualcuno è più tempestivo, qualcun altro necessita di qualche input. Indipendentemente da come avvenga, una proposta di matrimonio dovrebbe essere accompagnata da alcune considerazioni.
Le emozioni che accompagnano questo tempo sono in genere un apripista per delle importanti riflessioni, viceversa queste emozioni non sono da se stesse la conferma che sia o meno la decisione giusta. Ad esempio essere innamorati è meraviglioso. Sappiamo però che l’innamoramento è una fase in cui la bellezza dell’altro è così abbagliante ai nostri occhi, tanto da farci trascurare aspetti molto importanti non solo del carattere dell’altro ma anche del nostro modo di interagire con lui/lei.
Un’altra emozione importante da ascoltare è la paura. Anche in questo caso occorre capire cosa la paura ci vuol dire e se riguarda se stessi (“Non sono pronto”), se riguarda l’altro (“Non sono sicuro che sia la persona che mi può far felice”) o la situazione (legami invischiati con la famiglia d’origine, confusione relazionale, instabilità nel portare avanti i progetti, comportamenti dipendenti o violenti). Ciascun aspetto ha in sé gradi differenti di difficoltà e l’osservazione dovrebbe premiare il grado di maturità della persona e l’impegno nel porvi soluzione.
Per sé stessi e per l’altro è importante chiedersi cosa ci si aspetta da sé e dall’altro nella relazione, se è coerente con una prospettiva di vita insieme, se quello per cui non ci si sente pronti è legato ad una fase temporale di crescita, se nella relazione si sta maturando una capacità di sostenersi e migliorarsi a vicenda, se i reciproci aspetti caratteriali non sono di ostacolo ad una comunicazione sempre più profonda e più autentica.
Per quel che concerne eventuali situazioni in essere ci si dovrebbe interrogare su: si può fare qualcosa per gestirla al meglio, ce ne è la consapevolezza, la volontà e la capacità o si è invischiati nelle dinamiche senza saper come uscirne? E in che modo io posso affiancare/sostenere/incoraggiare l’altro senza deresponsabilizzarlo dal suo proprio compito che ha un importante valore evolutivo per la sua crescita personale?
Un altro prerequisito di una coppia che si avvia al matrimonio è misurarsi nella capacità di affidarsi all’altro. Non è un processo logico in un’epoca in cui si è spinti verso l’affermazione di sé stessi e della propria indipendenza. Eppure senza questa capacità di affidamento è impossibile fare scelte comuni, parlare di reciprocità, portare avanti un medesimo progetto. Le lotte per chi l’ha pensato prima, per chi l’ha fatto meglio, per chi vorrebbe fare altro, ecc. rischiano di non trovare tregua. La capacità di affidamento permette di avere una rotta comune, di credere che nel confronto rispettoso tutto trova la sua migliore soluzione.
E se non fosse l’altro la persona per me? La persona giusta non esiste nella realtà, la persona giusta è la persona che scegli, quella con cui ti senti pronto a relazionarti, non ce n’è una diversa. O meglio di persone diverse ce ne sono almeno altri 7 miliardi, ma non sono quelle con cui hai deciso di essere reciprocamente la persona migliore che puoi, momento per momento, nonostante i tuoi ed i suoi difetti e limiti.
Può di sicuro aiutare il ricordarsi che si è in mutua interazione e in costante evoluzione come singoli e come coppia. Nutrire la relazionalità è l’unica garanzia di continuare a crescere insieme, per questo motivo andrebbe sviluppata già nel tempo del fidanzamento e incentivata nel tempo.