Siamo più poveri
Presentato da Caritas e Fondazione Zancan il nuovo rapporto sullo stato della povertà in Italia. Pagano le famiglie.
Siamo più poveri. È quanto emerge dal decimo Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, dal titolo emblematico In caduta libera a cura della Caritas italiana e la Fondazione Zancan. Analizzando i dati Istat sembrerebbe il contrario perché l’incidenza della povertà relativa era al 10,8 per cento e nel 2008 all’11,3 per cento. In realtà si tratterebbe di un’illusione ottica in quanto la linea della povertà relativa è scesa da 996,67 euro a 983,01 euro del 2009 per un nucleo di due persone.
Con un’operazione di ricalcolo, considerando l’inflazione e la capacità reale del potere di acquisto, la linea della povertà relativa sale a 1000, 67 euro di oggi. All’interno di questa fascia ci sarebbero 560 mila persone in più da sommare ai 7 milioni e 810 mila poveri stimati dall’Istat nelle statistiche ufficiali. I veri poveri sarebbero, quindi, 8 milioni e 370 mila nel 2009. Il 3,7 per cento in più rispetto all’anno precedente.
A risentirne di più «la famiglia – dichiara don Giuseppe Pasini, presidente della Fondazione Zancan, – che è la principale vittima della povertà e dell’impoverimento». Soprattutto quelle con 3 figli o più, soprattutto se minori e che risiedono nel Mezzogiorno con un basso grado di istruzione.
E in Italia più alto è il numero dei figli, maggiore è il rischio di povertà. Con un solo figlio minore l’incidenza della povertà relativa sale dal 10,8 per cento, il dato medio, al 12,1. Con tre figli l’incidenza è del 26,1 per cento. Le conseguenze sul tasso di natalità, (non servono i dati degli esperti), sono evidenti. Intanto l’età della celebrazione del matrimonio si innalza a 32 anni per gli uomini e a 29 anni per le donne, contraendo l’età della fertilità e il primo parto avviene in media a 32 anni.
Frutto anche in parte della crisi economica, cresce in tutta Europa il numero degli aborti. Una vera ecatombe. 7.400 al giorno. Nel 2008 sono stati 2,9 milioni. «Qualunque sia il giudizio etico attribuito al fenomeno – commenta don Pasini –, è certo che siamo di fronte a un fatto socialmente grave».
Ma è tutta la società nell’insieme che si è impoverita in una situazione di forte crisi economica che, nonostante quanto dichiarano i politici, non è affatto terminata. Il credito al consumo scende dell’11 per cento, i prestiti personali del 13, mentre aumenta la cessione del quinto, salita dell’8 per cento. Nella vita di tutti i giorni le conseguenze si manifestano nella difficoltà a pagare la spesa, il mutuo e le cambiali.
Alcuni dei difetti italiani sembrano cronicizzati mentre, per contrastare meglio la povertà basterebbe spendere meno di quanto attualmente spendono i comuni italiani, in alcuni casi anche la metà, perché l’errore è sempre lo stesso: si danno troppi soldi, sotto forme di assistenzialismo, e si forniscono pochi servizi. Occorrerebbe una strategia di alto respiro e un piano organico di contrasto alla povertà perché gli interventi occasionali, una sorta di elemosina di Stato, affrontano le emergenze cercando di frenare le crisi estemporanee, ma non agiscono in profondità e non sanano i problemi.