Siamo già in campagna elettorale?
Il positivo vertice di Bruxelles, con la performance del presidente Monti, ha scongiurato una possibile crisi di governo, che già aveva messo in fibrillazione pre-elettorale i partiti. Battere Grillo sul tempo, salvare il salvabile, recuperare l’elettorato anti-montiano sparso dappertutto, sfruttare ancora una volta la legge elettorale… Queste e altre tentazioni avevano fatto imboccare il pendio scivoloso verso le elezioni a ottobre, allarmando lo stesso presidente Napolitano.
Il rinvio a primavera, però, sposta di poco la questione: siamo comunque alla fine della legislatura e se il buongiorno si vede dal mattino, l’opinione pubblica deve prepararsi ad una estenuante sequela di iniziative, colpi di teatro, dichiarazioni ad effetto per sondare l’umore del Paese, insomma tutti i preparativi che scaldano i muscoli della competizione elettorale (di cui, sia detto, non si conoscono ancora i protagonisti). Non di rado si tratterà di spot che
bisognerà avere la maturità di prendere per tali, senza perdere il bandolo della autentica discussione politica.
Soprattutto bisogna stare attenti all’uso strumentale che si può arrivare a fare persino di un tema importante come le riforme istituzionali. Guardiamo cosa accade al Senato, dove, si apprezzasse o no, si era formata una maggioranza molto ampia su un progetto che ricalcava i contenuti messi a punto nel corso delle ultime tre legislature. Un progetto che pur rafforzando la figura del presidente del Consiglio, rimane ancorato all’attuale impianto parlamentare. L’aver messo improvvisamente sul tappeto il tema del semi-presidenzialismo alla francese da parte del Pdl, se anche non ponesse un problema di contenuti (il progetto può piacere), certamente ne pone sul piano del metodo “prendere-o-lasciare”, che con le riforme costituzionali non può essere percorso.
In più, la forma istituzionale del Paese ha finito per essere oggetto di trattativa: voto il presidenzialismo se voti il senato federale e viceversa. Ecco, a prescindere dai protagonisti, questo è un saggio di come non si deve procedere nei lavori di riforma, a cominciare dalla infinita gestazione della legge elettorale.
Cerchiamo quindi di non farci prendere dal circo mediatico e dalle faziosità. La crisi è ancora molto insidiosa e il Paese non è ancora fuori dal rischio di fallimento: sono necessari serietà, verità e consenso informato. Sarebbe indispensabile, ad esempio, che i partiti aiutassero i cittadini a capire meglio il legame tra la nostra vita interna e le politiche europee. Abbiamo imparato a guardare con sospetto all’operato di Angela Merkel, ma ora che il muro contro muro si è allentato e l’Europa ha ritrovato una comune linea politica, possiamo sforzarci di capire meglio dove ha origine la sua intransigenza.
La Germania vanta i compiti a casa fatti a tempo debito, senza corsi di recupero come è accaduto a noi, e in sostanza ci guarda come la formica la cicala. Ma il problema, per la Germania della Merkel, è che le cicale paiono voler continuare a fare le cicale, e da qui nasce anche il suo “no” agli eurobond: continuare a contrarre debito potrebbe consolidare i comportamenti sbagliati non solo di uno Stato, ma di una intera popolazione.
Guardando all’Italia, non si può negare che il nostro eccesso di debito pubblico sia il risultato di politiche destinate ad acquisire consenso in modo sbagliato: da chi ha strizzato l’occhio all’evasione fiscale, a chi ha regalato baby-pensioni o ha indugiato in politiche di facili assunzioni…
Ebbene, dal punto di vista della coscienza civica dobbiamo tutti crescere, che vuol dire anche imparare a diffidare delle promesse a buon mercato che ci possono essere fatte in campagna elettorale, che riguardino la nostra situazione personale o familiare, o che riguardino il nostro sistema di interessi. E siccome le elezioni si sono allontanate, i partiti hanno l’estrema occasione di dimostrare da che parte vogliono stare.
Il governo deve dare seguito alla riduzione delle spese, la spending review, e passare alla fase dei tagli alla spesa pubblica; saranno in grado le forze politiche di contribuire a tagliare senza pietà il parassitismo che foraggia un consenso malato, cresciuto a dismisura in tutti i livelli politico-amministrativi? E i cittadini saranno capaci di non indulgere alla demagogia ma di affrontare con la schiena dritta e con spirito di sacrificio una curva tanto pericolosa della storia del Paese?