Siamo coscienti durante lo stato vegetativo?
I colleghi dell’University of Western Ontario hanno dimostrato tracce di comportamento volontario nel cervello di infermi considerati in stato vegetativo.
Siamo coscienti durante lo stato vegetativo? Questa domanda, due anni or sono, si è posta al centro di uno dei casi mediaticamente più clamorosi: il caso di Eluana Englaro. Molte famiglie se l’erano già posta nei numerosi casi di persone andate in coma cerebrale post-traumatico, o per malattie cerebro-vascolari. Nello stato vegetativo il malato esce dal coma cerebrale, è vigile, ha gli occhi aperti, un normale ciclo sonno-veglia, ma deve essere alimentato e non ha, anche se stimolato dall’esterno, segni di contatto con l’ambiente.
In una precedente rubrica (Città Nuova n. 5/2010) riferimmo di un’importante ricerca compiuta per conoscere se e cosa si pensa in questi casi. Ci pare utile riferire un altro studio canadese pubblicato recentemente su Lancet. I colleghi dell’University of Western Ontario hanno dimostrato tracce di comportamento volontario nel cervello di infermi considerati in stato vegetativo. In alcuni casi, essi erano in grado di segnalare che erano coscienti, in risposta a stimoli esterni. Inoltre, lo studio è stato possibile mediante il solo ausilio dell’elettroencefalogramma che registra l’attività elettrica dei gruppi di neuroni stimolati. Si tratta di ricerche importanti che invitano a ulteriori indagini, anche se è prematuro dire quale sia il vero stato di consapevolezza di questi malati.
Infatti, il neuroscienziato Fontanini della Stony Brook University ritiene che l’individuazione di aree cerebrali specializzate, formate da neuroni che si occupano di operazioni specifiche, non aiuta a comprendere completamente cosa accade nel cervello. Secondo lui il sistema cerebrale è più complesso e le aree specializzate quasi mai svolgono funzioni in solitudine. Se il cervello fosse una macchina con funzioni prestabilite, le responsabilità individuali sarebbero limitate: cosa che non è possibile sostenere.
Quindi il traguardo non è stato ancora raggiunto. Ma la ricerca va approfondita ed è l’unica strada da percorrere per giungere a una completa conoscenza del fenomeno e assistere in modo attivo chi è colpito da questa drammatica situazione, consentendo scelte più razionali a familiari, medici curanti e legislatori.