Quando si rompe un patto
Un’estate difficile quella che abbiamo trascorso quest’anno. E non solo per le temperature torride che l’hanno accompagnata. Il mese di luglio lo abbiamo trascorso accanto al lettino di Charlie Gard, il bimbo britannico affetto da una rara malattia genetica, fino a quando è arrivata la notizia che non avremmo voluto sentire: Charlie è morto. Non per morte naturale, ma perché nella complicata vicenda sanitaria/giudiziaria ha prevalso la decisione di staccare, anzitempo, la spina. Nella diversità di vedute che casi come questo suscitano nell’opinione pubblica, su un punto la maggior parte di noi, come degli esperti del campo, convergevamo: si era rotta l’alleanza terapeutica fra i genitori di Charlie e la comunità medico-scientifica che lo ha seguito.
Un’estate, poi, segnata da episodi di terrorismo, in Europa come fuori dal nostro continente, dalla Spagna al Burkina Faso; dalla pericolosa instabilità politica, come nel caso del Venezuela; dalla minaccia nucleare, con Corea del Nord e Stati Uniti che sembrano ancora giocare a chi mostra di più i muscoli.
Le estati degli italiani, poi, erano accompagnate dalle immagini dei barconi carichi di gente disperata in fuga dalla guerra, dalla fame, dalla miseria che approdavano sulle nostre coste, in questo periodo dell’anno più che negli altri. Accoglienza sì, accoglienza no; soccorriamoli o aiutiamoli a casa loro: di questi dibattiti erano pieni i nostri mezzi di informazione. Niente paura: quest’anno abbiamo fatto sì che restassero a casa loro (per lo più il deserto e i centri di detenzione libici) e il mare nostrum, tomba a cielo aperto, ma anche teatro mondiale di umanità, ha visto ridotto il suo traffico: 2245 persone ad agosto contro le 21.294 dello stesso mese nel 2016. Per noi problemi in meno. Per gli altri, di fatto, nuove forme di schiavitù e di morte!
Lungo lo stivale non è andata meglio. Episodi di efferata violenza domestica o sui luoghi di divertimento, espressioni di razzismo, incendi causati dall’uomo, sgomberi forzati.
Tanti fatti, diversi fra di loro e vicende complesse che abbiamo seguito e approfondito sul nostro sito e anche su queste pagine. Tutti, però, mi hanno suscitato una riflessione: in ognuno di questi casi è venuto meno un patto relazionale, un’alleanza. Con la natura, fra medici e pazienti, a livello internazionale, all’interno degli Stati, in ambito sociale, familiare, interpersonale…
Drammatico e desolante, se non fosse che accanto a questo scenario potremmo descriverne, e non manchiamo di farlo, un altro che racconta cosa succede, al contrario, quando il “patto” che ci lega a tutti i livelli viene rispettato. Un’immagine per tutte. Quella di Ciro, il ragazzino di 11 anni che nel terremoto di Ischia
trascina con sé sotto il letto il fratellino più piccolo, gesto che salva la vita ad entrambi. In quei frangenti non c’è tempo per ragionare o discutere sul da farsi, prevale l’istinto. Quello che tutti noi abbiamo dentro: vivere e aiutare a vivere, prendendoci cura gli uni degli altri. «Dov’è tuo fratello?». La domanda è di antica memoria.