Sì alla Dat
Approvata a larga maggioranza alla Camera la legge sulla dichiarazione anticipata di trattamento, con cui sarà possibile esprimere la propria volontà sulle cure da ricevere in caso di malattia terminale
Dopo due anni e quattro mesi è stata approvata a larga maggioranza alla Camera la legge sul fine vita con 278 voti favorevoli, 205 contrari e 7 astenuti. Manca ancora la ratifica definitiva al Senato, ma vista l’ampia maggioranza la legge dovrebbe passare senza difficoltà, perché oltre che dai partiti della coalizione governativa è stata votata anche dall’Udc e da una cinquantina di deputati del Pd.
La Dat, dichiarazione anticipata di trattamento, è l’atto con cui una persona con encefalogramma piatto, non più capace di esprimere o comunicare una scelta e un orientamento sulle cura a cui venire sottoposta, esprime la sua volontà scritta al medico generico. Nella Dat, che ha una validità di 5 anni, si potranno indicare le terapie da somministrare, ma non il rifiuto di trattamenti sanitari. Al medico resta, infatti, l’autonomia delle decisioni. E, tranne nei casi in cui non vengono più assimilate, non è possibile sospendere l’alimentazione e l’idratazione artificiale.
Con questa legge, quando sarà ratificata al Senato, non saranno più possibili casi di eutanasia o come quelli di Eluana Englaro. Per anni, infatti, la grande maggioranza degli italiani e dei partiti, ritenevano non necessaria una legge del fine vita, tanto era evidente nella cultura italiana la scelta di accompagnare fino al destino finale ogni persona senza interrompere le cure e senza accanimento terapeutico. Il caso Englaro aveva aperto degli spazi in cui si sarebbe potuto aprire un far west legislativo, dove a colpi di sentenze dei giudici si sarebbe di fatto introdotta una qualche forma di eutanasia.
È singolare il fatto che proprie le forze politiche e le aree culturali, anche quella cattolica, che hanno voluto oggi la legge, precedentemente al caso Englaro la ritenevano un provvedimento legislativo non necessario. Dopo la campagna di stampa e di opinione che ha sfruttato il caso Englaro per far passare l’idea che l’eutanasia è il progresso, ha ripreso fiato l’idea che era meglio legiferare in materia, fino all’approvazione del ddl. Il fine vita tocca corde delicatissime in cui si intrecciano ideologie, pensieri e culture contrastanti, lavoro occulto di lobby, questioni economiche in cui difficilmente è possibile trovare dei punti di incontro, ma va sempre tutelata la precedenza della cura pubblica rispetto al principio dell’abbandono.