Shooter, un eroe perdente

Da rivedere su Netflix la serie in tre stagioni e 31 episodi Shooter sulla difficoltà del perdono.

Dapprima c’è stato il romanzo di Stephen Hunter Una pallottola per il presidente, poi nel 2007 il film omonimo con Mark Wahlberg. Ora la serie interpretata da Ryan Philippe che diventa Bob Lee Swagger, il cecchino infallibile ex marine. Tornato a casa dalla guerra e deciso a vivere con l’adorata moglie e la bambina, il cecchino viene però raggiunto dal colonnello della Cia Isaac Johnson (Omar Epps) che gli affida la missione di proteggere il presidente minacciato di un attentato. In realtà Bob viene ingannato e accusato di essere lui l’attentatore. L’intrigo di una misteriosa sigla Atlas che coinvolge esercito, finanza, industriali e staff presidenziale rende difficile all’uomo scagionarsi. Così l’eroe americano tipico se la cava da solo con l’aiuto di vecchi e nuovi amici. Il passato ritorna, quello suo e quello di suo padre, vittima di un omicidio a cui lui ragazzo ha assistito. Bob non si ferma e vuole indagare sul padre finendo per entrare in un gioco più grande di lui dove se sarà un cecchino infallibile nel far fuori i corrotti, perderà pure l’occasione di salvare veramente la sua famiglia.

Tra colpi di scena, guerriglie e scontri cruenti, astuzie politiche dei corrotti e un team femminile molto ardito, la fiction procede, pur con qualche stanchezza, per 31 episodi. Si delinea chiaramente il personaggio di Bob, eroe generoso ma vendicativo, che nella sua furia di conoscere e punire i responsabili dell’omicidio paterno, dimentica di proteggere davvero la famiglia e la moglie che lo adora. È l’eroe che non chiede mai aiuto, non indietreggia mai di fronte ad alcun pericolo, ma la sete di giustizia-vendetta e di non-perdono si rivoltano alla fine anche contro di lui.

La regia è perfetta come la fotografia, in genere l’azione è scattante e i caratteri – soprattutto  femminili – ben indagati, mentre Ryan Philippe, tanto bravo nelle sequenze di azione, nei momenti drammatici fatica a trovare la dimensione giusta e l’espressione convincente. È un mondo di corruzione quello che  viene presentato, il sottobosco della politica che non dà certo dei governi un volto positivo e rassicurante. L’uomo è un lupo per l’altro uomo, verrebbe da dire. L’incapacità di Bob di perdonare, di porre fine alla vendetta con la quale crede di salvare la famiglia viene in risalto, insieme a zone pulite, come l’innocenza della figlia Mary che tutto comprende e l’ambiente sereno della parrocchia cattolica e la bella figura della moglie affettuosa.

Un film sul lato oscuro del potere, anche in guerra, cosa non nuova e sul bisogno di saper dimenticare il passato, anche duro e oscuro, per dare e avere speranza per il futuro.

 

 

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