Sfoggio di muscoli tra Usa e Russia

Dopo la notizia che l’amministrazione Obama starebbe preparando un grande attacco hacker contro obiettivi russi nel cyberspazio, in risposta alle interferenze sulla campagna elettorale americana, i giornali delle due nazioni evidenziano segnali (qualcuno ridicolo) di un pericoloso aumento di tensione
cyberspazio

«Putin spiega le minacce degli Stati Uniti con il fatto che “sono nervosi”»: più o meno così si può tradurre il titolo di apertura del quotidiano online russo Utro che, riferendo le dichiarazioni del presidente in occasione del vertice dei Brics a Goa, sottolinea come questi abbia affermato che «dai nostri amici americani possiamo aspettarci di tutto», e che «è noto a tutti da tempo che la CIA e la NSA portano avanti attività di spionaggio». Come dire: niente di nuovo sotto il sole, e quindi le minacce non ci spaventano.

 

L’unica novità, ha osservato, è che «per la prima volta gli Usa lo fanno a questo livello e apertamente, il che naturalmente non risponde alle norme delle relazioni internazionali. Evidentemente sono un po’ nervosi». Forse siamo piuttosto noi a far loro paura, pare voler sottintendere Putin; che comunque rassicura sul fatto di non avere alcuna intenzione di interferire nelle elezioni presidenziali americane.

 

La Komsomol’skaja Pravda, su posizioni notoriamente filogovernative, non parla apertamente della questione; ma riporta con dovizia di particolari, espressioni colorite comprese, la dura posizione assunta da Putin sempre al vertice dei Brics contro le sanzioni applicate dai paesi occidentali nei confronti della Russia: sanzioni che, secondo lui, «non hanno lo scopo di decidere qualcosa, ma solo di impedire il rafforzamento della Russia come membro a pieno titolo della comunità internazionale. Ma non ci riusciranno, non con questi mezzi». Letta insieme a quanto scrive Utro, questa posizione può quindi apparire come un’ulteriore “mostrare i muscoli” a fronte delle minacce avanzate dagli Usa.

 

La Novaja Gazeta, nota per essere stata il giornale di Anna Politkovskaja, titola invece – ma nella parte bassa della pagina – «Putin avverte di possibili intercettazioni da parte statunitense dei giornalisti del Cremlino»: secondo quanto riferisce l’agenzia Interfaks, sarebbe così che gli Usa – secondo il presidente – tentano di carpire informazioni riservate. Alla domanda se i servizi speciali russi abbiano ingaggiato il fondatore di Wikileaks Julian Assange, protetto dal Cremlino, per difendersi dai possibili attacchi americani, Putin ha tuttavia risposto di non sapere nulla in proposito.

 

Ma che si dice, invece, da parte americana? Lì la campagna elettorale sembra catalizzare tutte le attenzioni, e per quanto la notizia di una “ritorsione informatica” verso la Russia sia legata alla corsa verso la Casa Bianca, la notizia passa decisamente più in sordina. Il New York Times nemmeno la mette in home page, e solo nella pagina interna della politica dedica – molto, molto in basso – un articolo piuttosto asciutto a quella che definisce «l’allusione di Joe Biden ad una risposta alla Russia per i cyberattacchi». Riporta le parole del vicepresidente e di James Stavridis, ex comandante supremo della Nato, che afferma che «il primo passo potrebbe essere quello di rendere pubbliche le prove dell’attacco informatico a carico della Russia. Rivelare i nomi degli ufficiali che l’hanno autorizzato metterebbe Mosca in una posizione molto scomoda».

 

David Filipov, sul Washington Post, si chiede se «i russi si stanno davvero preparando per la guerra», riferendo di come i corrispondenti da Mosca abbiano individuato alcuni “segnali: «In alcuni quartieri sono comparsi avvisi di collette per costruire rifugi antiatomici» – chiaramente una bufala, visto che la donazione richiesta era dell’equivalente di pochi euro; si è arrivato a parlare di improbabili piani di razionamento del pane, e le affermazioni del deputato ultranazionalista Zirinovskij secondo cui «se viene eletta Hillary Clinton è guerra» hanno la credibilità che possono avere le affermazioni di colui che ha dichiarato di voler annettere l’Alaska e la Polonia. E via di seguito, giungendo alla conclusione che nessuna delle “prove di forza” che i russi stanno offrendo, compresi i movimenti di truppe e missili, può essere considerati davvero una minaccia.

 

I due vecchi nemici della guerra fredda, insomma, paiono giocare a dire che l’altro è uno sbruffone: il tempo dirà se, come auspicabile, queste tensioni finiranno davvero in semplici dichiarazioni roboanti o in qualcosa di più.

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