Sfide di frontiera nel sacerdozio
Breve intervista a Michele Zanzucchi per parlare di“Preti di frontiera”, il suo ultimo libro.
«Ho dovuto essere/ custode/ della vostra solitudine:/ sono salvatore/ di ore perdute», recita padre Turoldo in una poesia. Versi che sembrano trovare una sapiente quanto piena coerenza col ministero sacerdotale quando si tratta di realtà crude e “al limite”. Sono questi i casi di sacerdoti raccontati da Michele Zazucchi in Preti di frontiera, pubblicato recentemente dall’editrice Città Nuova.
La frontiera, il limes descritto dall’autore, non è da intendersi in senso stretto come limite geografico ma è legato all’essere prete, “essere testimone” sempre e comunque, tanto in condizioni normali quanto in estreme quali: persecuzione, povertà, violenza psicologica, solitudine e catastrofi naturali. Sono sacerdoti che hanno trovato la loro identità, la loro ragion d’essere come don Giuseppe Sometti in contatto con i meninos de rua, o il gesuita Paolo Dall’Oglio che ha rimesso in piedi un monastero abbandonato nel deserto siriano, o ancora padre Nguyen Thanh Lien, vicario della diocesi di Kon Tum in Vietnam, che spende ogni giorno la propria vita mettendola al servizio delle locali minoranze montagnard.
Vicende umane caratterizzate da forti connotati politici e sociali, sparse in vari angoli del mondo, che vogliono portare «un po’ di speranza nel problematico panorama ecclesiale attuale − dice Zanzucchi, direttore della rivista Città Nuova nell’introduzione − raccontando le storie di uomini che, prima ancora di essere dei “ministri”, hanno messo nella loro vita al primo posto Dio, Dio solo».
I preti di cui si parla nel libro non sembrano toccati da “carrierismo”
«Sono preti incontrati sulle strade del mondo, che svolgono la loro missione al servizio della Chiesa senza cercare una visibilità inutile. Rischiano la propria vita, sono persone che hanno un “perché” nella loro vita, sacerdoti diocesani o religiosi che hanno in comune una scelta radicale»
Perché occorre ancora parlare di preti?
«Da una parte se ne parla troppo: preti che creano problemi, che non rispondono alla missione sacerdotale, preti malati di protagonismo, preti che invadono campi non propri.
Dall’altro se ne parla troppo poco, notoriamente poco soprattutto delle loro vite dedicate a Gesù e alla Chiesa»
Esiste allora un modello per la vita sacerdotale
«Il modello è Gesù Cristo, come per tutti i cristiani, d’altronde. I preti che ho incontrato sono innanzitutto impegnati in quel “sacerdozio regale” che è proprio di tutti i cristiani; il loro “sacerdozio ministeriale” su questa base esplica tutte le sue potenzialità»
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