Sfidare la crisi
Impressioni da un giornalista "di passaggio" ad un incontro degli imprenditori argentini aderenti all'Economia di Comunione a José C. Paz, Argentina
Il fatto che 80 imprenditori si riuniscano per un intero fine settimana per condividere esperienze di vita aziendale non sembra essere una notizia. In questo mondo dove si muovono gigantesche somme di denaro, con troppe cifre per porterle addirittura scrivere, dove i numeri macro parlano di centinaia di migliaia di consumatori o lavoratori, dove le manovre dei governi coinvolgono grandi parti della popolazione… un gruppo così piccolo rappresenta una porzione infinitesimale dell’economia.
Ma se questo gruppo appartiene al progetto Economia di Comunione, cioè a una delle esperienze del grande mondo dell’economia sociale e solidale, se queste persone si pongono come scopo migliorare e ottimizzare i risultati delle loro aziende non solo per destinare una parte degli utili ai poveri e alla formazione di una nuova cultura economica (due degli obiettivi principali del progetto) ma anche per migliorare il rapporto con i loro dipendenti, per decidere in base a criteri più partecipativi, per includere persone che escono dalla tossicodipendenza o dalla prigione, per aggiungere allo stipendio una partecipazione negli utili aziendali: allora questa sì che è una notizia.
Queste sono le mie riflessioni mentre sono a pranzo, assieme ad una giornalista di "La Nación", Buenos Aires, con alcuni di questi imprenditori.Siamo distanti 40 km dalla capitale argentina, nel centro di formazione dei Focolari di José C. Paz. Succeda quel che succeda, questa gente si trova due volte l’anno per andare avanti su questo sogno: sviluppare aziende che, partencipando pienamente del mercato e utilizzando diverse tipologie (dalla società per azioni alla cooperativa), possano allo stesso tempo rispondere alle sfide della povertà, la disuguaglianza e l’esclusione.
Sono circa 60 in Argentina, con altri imprenditori attirati dal progetto, 300 in America Latina e mille in tutto il mondo. Ascoltando il loro modo di parlare, i loro discorsi, si capisce che ci troviamo in un ambito dove regge una razionalità diversa, un’altro modo di pensare. Alcuni esempi: l’imprenditore è uno che ha una "vocazione" o il "dono" di generare aziende e quindi questo dono lo mette al servizio della comunità di cui fa parte. "Voglio capire come riuscire nel mio lavoro a coinvolgere tutti nel prendere le decisioni…"dice uno di loro. "Non è facile inserire un ex-carcerato tra i lavoratori, ho capito che questo dobbiamo farlo con la partecipazione di tutti, se vogliamo dare a qualcuno un’opportunità nella vita", commenta un’altro venuto da Paraná. Conflitti? "Li abbiamo, come ovunque nel mondo, ma mettersi nei panni dell’altro, capire le sue inquietudini, aiuta a risolverli nel modo migliore".
Il capitale? Da quello che si vede non è costituito soltanto di beni materiali, denaro, macchine o merci, qui la lealtà, la puntualità, la fedeltà alla parola data, la fiducia, sono parte dei "beni relazionali", cioè di quel capitale non-materiale che nasce dalle relazioni. «Un trasportatore mi inviò la fattura dei suoi servizi. Io, da come sono gli accordi in questo settore, sapevo che poteva fatturarmi di più senza che io potessi contestargli l’importo, e allora gli ho chiesto: ma perchè non mi ha fatturato di piú? Lui mi ha risposto: perché ho trovato il modo di fare tutta la strada (migliaia di km) con il camion pieno. So che lei non poteva fare una verifica, ma lei è stato sempre corretto nei miei confronti, ha pagato sempre puntualmente, si è occupato sempre di caricarmi al più presto anche nel fine settimana, io non potevo comportarmi in maniera diversa», racconta Germán da una azienda dedicata al materiali edilizi.
Ma tante considerazioni non costano di più all’ azienda, essere "un po’ meno corretti" non porterebbe più guadagno? Davanti a questa domanda "cattiva", Bettina, titolare di una agenzia di turismo solidale, non mostra alcun dubbio: «Io posso solo dirti questo: da quando abbiamo cominciato ad essere coerenti con questo progetto e quindi in tutti gli aspetti della azienda, ho visto crescere il fatturato in qualità e in quantità. Adesso abbiamo aperto un secondo ufficio». Sono in tanti quelli che hanno qualche esperienza a questo riguardo.«"E’ una tentazione permanente – riconoscono -, ma oggi sono gli stessi dipendenti a ricordarmi: capo, non possiamo fare questo, siamo una azienda EdC!».
Qualcuno potrebbe pensare che questa non sia una notizia. Io credo di sì. Qui, in questa piccola cellulla dell’universo dell’economia sociale e solidale -che tra l’altro rappresenta complessivamente l’ottava economia del pianeta-, avviene qualcosa di nuovo: si chiude un cerchio che comprende imprenditori, lavoratori, aziende, fornitori, clienti, Stati, concorrenti, ecc. L’economia, l’azienda e il lavoro invece di essere un luogo di lotta, conflitti, sofferenze e ingiustizie si può trasformare in un ambito di reciprocità, di gratuità, di solidarietà, in un ambito di incontro tra persone. Questo non significa che non ci siano problemi, ma si trova una chiave diversa per farvi fronte. Forse è questa la "primavera dell’economia" di cui parla il motto dell’incontro.