Servizio militare obbligatorio in Myanmar
La situazione in Myanmar diventa, giorno dopo giorno, sempre più complicata e sanguinosa, talora sfiorando la disperazione. Ultimo atto della giunta militare che dal 1° febbraio 2021 ha rubato il potere al governo democraticamente eletto, è stato quello di riattivare una legge del 2010 che rende il servizio militare obbligatorio per tutti gli uomini di età compresa tra 18 e 35 anni e le donne di età compresa tra 18 e 27 anni.
Le reclute devono prestare servizio per un massimo di due anni, mentre gli specialisti come i medici devono prestare servizio per tre anni (fino a 45 anni). I media statali riferiscono che il servizio può essere esteso a un totale di cinque anni in stato di emergenza, come quello attualmente in corso. E l’ufficio stampa del governo ha dichiarato in un comunicato che la giunta militare ha emesso una «notifica sull’entrata in vigore della legge sul servizio militare del popolo a partire dal 10 febbraio 2024». Diventerà pienamente operativa dopo l’inizio del nuovo anno lunare, ovvero la festa del Thingyan, dal 13 al 16 aprile 2024.
Molti giovani hanno iniziato letteralmente a sparire in modo misterioso, ma evidente per la gente: non è infatti inusuale che alle fermate degli autobus, soprattuto alle periferie delle città, si fermi qualche pulmino oppure automobile e, in pochi secondi, giovani ragazzi e ragazze vengono prelevati per poi sparire nel nulla. E le famiglie si ritrovano senza notizie da parte dei propri figli e figlie.
Il Myanmar è da 3 anni in preda al caos, cioè da quando i militari hanno preso il potere, scatenando proteste di massa tra la gente e una repressione del dissenso molto forte e violenta. Si parla di 2,6 milioni di persone disperse internamente al paese, migliaia di morti accertati, luoghi di culto e ospedali distrutti o occupati dalle forze militari. E distruzioni, tante distruzioni.
Dopo tre anni, la giunta sta lottando per schiacciare la diffusa e popolare opposizione armata al suo governo da parte di cittadini comuni e delle milizie etniche, in varie regioni del paese, che per la prima volta, in 60 anni, hanno formato alleanze tra loro, e non solo stanno resistendo ai tentativi da parte dei militari del regime di smantellarle, ma avanzano sul territorio riducendo sempre più il controllo dell’esercito governativo. Da ottobre dello scorso anno, il Tatmadaw, l’esercito del regime, ha subito perdite di personale tali da preoccupare anche i più ottimisti consiglieri militari: e questo mentre il regime tentava di contenere l’offensiva di tre gruppi di insorti appartenenti a minoranze etniche che si erano alleati, affiancati da nuovi gruppi combattenti pro-democrazia che nel frattempo avevano preso le armi contro il regime.
In questi ulimi due mesi, nello stato dell’Arakan, nell’ovest del Paese, l’esercio locale ribelle denominato Pdf e l’esercito etnico, l’Arakan Army, stanno infliggendo perdite ingenti ai governativi, giorno dopo giorno, postazione militare dopo postazione militare, collina e città: un posto alla volta, ma senza subire sconfitte. Sempre più militari del Tatmadaw abbandonano le postazioni e fuggono, per salvarsi la vita, spesso consegnando le armi ai ribelli, che in realtà sono giovani, gente comune, che cerca di combattere un regime militare spietato. Il successo di questa offensiva e l’incapacità dell’esercito del regime di organizzare un contrattacco ha intaccato il morale degli ufficiali di basso e medio livello.
Molti analisti politici concordano nell’affermare che la legge che obbliga i giovani al servizio militare non sarà altro che l’ultimo atto della giunta militare, prima della sconfitta definitiva. Molti giovani birmani, per evitare la coscrizione obbligatoria, stanno scappando verso la Thailandia, con visti e senza visti di entrata. Poi cercano di raggiungere Singapore, Malesia, Indonesia, e se possibile anche l’Europa. Notizie ufficiose parlano di un allentamento delle norme per il rilascio dei visti da parte di molti paesi, per permettere ai giovani birmani di salvarsi dall’arruolamento forzato. Il Tatmadaw sta ormai cercando di reclutare anche ex militari da tempo in congedo, ed a costringere il personale non di combattente ad imbracciare le armi, con risulati peraltro deludenti: nessuno vuole combattere per una guerra che è ormai persa o perdere la vita per un dittatore irragionevole e spietato, come Min Aung Hlaing ed i suoi generali.
Con alcuni amici, nei giorni scorsi, abbiamo avuto la possibilità di aiutare un paio di giovani in fuga da Yangon, in viaggio verso le montagne della Thailandia: sono molti i thailandesi che cercano di fare qualcosa per salvarne qualcuno.
La guerra ci interpella sempre e non esiste un luogo che ne è esente, perchè i profughi sono alla porta di ciascuno di noi. È necessario impegnarsi per la pace, perchè con la guerra tutti perdono, nessuno vince o ne resta fuori. Un vescovo del Myanmar mi ha confidato qualche tempo fa: «Che pace vuoi raggiungere quando si usano solo le armi?». Parole di grande saggezza. C’è bisogno di diplomazia, non di proiettili e cannoni per raggiungere la pace.
E tutti possiamo fare qualcosa per la pace, per noi ma anche per i nostri figli e nipoti.
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