Serve una nuova evangelizzazione?
Uno dei grandi meriti del Concilio Vaticano II è stato il recupero della comunione nella Chiesa sotto vari aspetti, in particolare quello della collegialità dei vescovi, rimasta in ombra per più di un millennio per l’accentuazione eccessiva del primato papale, che ha raggiunto il culmine col Vaticano I. Il Vaticano II ha invece ripreso il principio e la pratica della Chiesa dei primi secoli, dove era chiara la coscienza dei vescovi come successori degli apostoli, col vescovo di Roma successore di Pietro. Una delle forme di esercizio della collegialità erano i concili o sinodi regionali, che riunivano i vescovi di una regione per affrontare temi e problemi di quel luogo e di quel tempo.
Il Vaticano II ha ripreso questa prassi dei Sinodi dei vescovi, per rispondere a varie tematiche importanti per tutta la Chiesa (assemblee ordinarie: es. laici, sacerdoti, riconciliazione, giustizia nel mondo, Parola di Dio…) o per riflettere sulla situazione di ampie zone, come i vari continenti e il Medio Oriente in assemblee straordinarie.
Al Sinodo partecipano vescovi eletti dalle conferenze episcopali di tutto il mondo, membri della Curia romana, tutti con diritto di voto, e sacerdoti, religiosi e laici designati dal papa e aventi diritto di parola, ma non di voto. L’impressione è che la partecipazione maggiore di tutti avvenga nei gruppi di studio.
Alla fine vengono presentate al papa delle “proposizioni” (proposte) sulla cui base egli pubblica in seguito un documento. Il voto dei vescovi partecipanti ha solo carattere consultivo. Una forte corrente del Vaticano II desiderava che fosse deliberativo, per esprimere con maggiore pienezza le due dimensioni della Chiesa: l’unità e la varietà. La richiesta continua; una delle voci più autorevoli era quella del cardinal Martini.
Il 7 ottobre si aprirà il XIII Sinodo ordinario, dedicato alla “Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana", che sarà chiuso il 28 dello stesso mese. Perché questo tema? L’ha lanciato Giovanni Paolo II nel 1981, quindi sono passati 30 anni. Qualcuno potrebbe concludere che nel frattempo si è visto poco di nuovo. Un po’ è vero, ma non del tutto. Il problema è che il mondo cambia in maniera vertiginosa e non sempre la Chiesa innesta la marcia corrispondente. Si impone un’accelerata. Lo dice il documento di preparazione del Sinodo, che rappresenta l’agenda dei lavori – chiamato Instrumentum laboris – che denuncia una certa lentezza con cui le Chiese camminano, ma presenta allo stesso tempo un quadro di esperienze incoraggianti, promosse soprattutto dalla base del Popolo di Dio.
Sarebbe sbagliato che il Sinodo si trasformasse in una geremiade sulle occasioni perse, ma anche che fosse solo un’accusa contro il mondo in preda del maligno. Non bisognerà perdere la grazia dello Spirito, che chiama la Chiesa a essere se stessa, “serva inutile” dell’amore di Cristo per il mondo.