Serie tv italianizzate

Sono molte le fiction nostrane che riprendono format stranieri, come “Tutto può succedere” o “Un posto al sole”, adattando il contesto e la trama da una cultura a un’altra

Ci ha tenuto compagnia in questi mesi Tutto può succedere, fiction di punta di Rai Uno alla sua seconda stagione. La serie, che vede protagonisti interpreti noti del nostro panorama cinematografico e televisivo (su tutti Pietro Sermonti, Maya Sansa, Alessandro Tiberi), ha ottenuto fin da subito ottimi ascolti, aggirandosi quasi sempre intorno ai 4 milioni di telespettatori a serata. Tutto può succedere è in realtà un format statunitense: la fiction è tratta infatti dalla serie Parenthood, in onda su Nbc dal 2010 al 2015. La serie italiana riprende da quella americana storia e personaggi principali, operando un adattamento così definito “transculturale”, per trasportare i codici comunicativi di una cultura a un’altra, e calare così la trama in un contesto locale. Parenthood viene pertanto rielaborata per essere adattata a un contesto domestico fatto di nomi, luoghi e relazioni tipicamente italiane.

Operazioni di questo tipo non sono nuove alla nostra televisione, basti pensare a Un posto al sole, soap-opera nostrana in onda da 20 anni su Rai Tre, che è in realtà l’adattamento del format australiano Neighbours. Altri adattamenti transculturali sono Un medico in famiglia (1998), Raccontami (2006-2008) e I Cesaroni (2006-2014), che derivano rispettivamente dalle serie spagnole Un médico de familia, Cuéntame como pasó e Los Serrano. Tutte e tre le serie, con le dovute differenze, hanno avuto un buon successo, mentre altre come Giornalisti (2000), tratta dalla famosa serie spagnola Periodistas (1998), sono state un flop clamoroso. Come si spiega il fatto che alcuni adattamenti abbiano più successo di altri?

Da un’osservazione generale si può evincere che le serie con a tema la famiglia rappresentino gli adattamenti meglio riusciti, forse perché più di altri contesti, la famiglia italiana ha bisogno di essere descritta e raccontata secondo le sue specifiche peculiarità. In Tutto può succedere la rappresentazione della famiglia è calata nella realtà del nostro Paese e la contestualizzazione narrativa è atta a far emergere quell’identità culturale necessaria affinché il pubblico generalista italiano possa riconoscersi nelle situazioni descritte. La fiction ha in sé la forza dell’italianità, di un certo concetto di famiglia numerosa (spesso allargata), invadente e quasi “ingombrante” che ancora oggi ci è caro.

La fiction italiana, però, non adatta solo format internazionali, ma cerca da una parte di far adattare i propri, se pur con più difficoltà (è il caso della serie polacca Ojciec Mateusz, rifacimento del nostro Don Matteo), e dall’altra di produrre e vendere così all’estero fiction che possano avere un respiro più internazionale. È il caso di Non uccidere 2, i cui episodi, disponibili su Rai Play dall’1 giugno e in onda su Rai 2 dal 12, sono stati venduti in Paesi come Francia e Germania, dove andranno in onda rispettivamente con i titoli di Squadra Criminale e Die Toten von Turin. In questo caso il format èww venduto tale e quale. La serie poliziesca, infatti, può essere importata nel suo formato originale senza richiedere quegli adattamenti transculturali necessari invece in altri casi, soprattutto se ad essere rappresentata è la famiglia o una realtà sociale particolarmente rilevante all’interno di uno specifico contesto locale.

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