Serie A, quando il calcio dà lezioni di vita
Il Campionato di Serie A 2015-2016 va in archivio consegnando, come risaputo, alla Juventus il suo scudetto numero 32, ma riserva anche alcuni scorci da ricordare per significato storico o intensità emotiva.
“TrentaSei Mitico”: Higuain riscrive la storia
La nostra copertina non può che spettare al centravanti del Napoli Gonzalo Higuain, il quale riscrive la storia allo stadio San Paolo nell’ultima giornata del torneo con una tripletta, suggellata dall’ultimo gol in rovesciata che vale il sorpasso al record storico di segnature in campionato di Gunnar Nordahl.
Fa gridare al «non è vero, non è vero! Questo è un film» il commentatore Daniele Adani in tv: mai nessuno come lui in Serie A aveva segnato così tanto in una sola stagione di campionato. Punta di diamante di un Napoli che chiude secondo, alle spalle della Juventus, e guadagna l’accesso diretto alla Champions League, il "Pipita” argentino tramanderà così una media da più di un gol a partita, sbriciolando un primato che resisteva da 65 anni a quota 35.
Di testa, sinistro, destro, dal dischetto, in acrobazia: Higuain è risultato il terminale offensivo di una squadra assemblata con la consueta saggezza da mister Maurizio Sarri, al suo debutto in una grande panchina dopo anni e anni di gavetta da incorniciare, come non abbiamo mancato di illustrare anche lo scorso anno sulle nostre pagine.
Imperniato sui movimenti quasi ossessivamente predicati da mister Sarri, il gruppo partenopeo è stato oggetto del ringraziamento di un emozionato Higuain, che ha sottolineato l’importanza di un merito evidente dei compagni, postisi di fatto al suo servizio per tutta la stagione.
“Abbiati pazienza…”
Dagli applausi a una punta sulla cresta dell’onda a quelli riservati a un estremo difensore che appende i guantoni al chiodo: Christian Abbiati, 38enne portiere con più presenze nella storia del Milan (380) e ultimo eroe di Manchester, in cui il 23 maggio 2007 i rossoneri levarono la Champions League al cielo, esce dalla scena del manto erboso.
Il ragazzo prodigio che nel 1999, a soli 21 anni, si erse a protagonista del sedicesimo scudetto rossonero, si ritira dopo quindici stagioni a Milano, dove ha inanellato otto trofei, tra cui tre scudetti e una Champions. È per questo motivo che il pubblico di San Siro, compreso che il suo amato senatore non sarebbe stato della partita neanche per pochi minuti per scelta tecnica, a dir poco evitabile visto il comunque ormai disastroso campionato del Milan, non ha mancato di applaudirlo e invocarlo.
Sassuolo in Paradiso
All’idea di calcio del presidente Giorgio Squinzi abbiamo già dedicato spazio sulle nostre pagine, ma certo il sesto posto del suo Sassuolo, che in caso di vittoria della Coppa Italia da parte della Juventus varrebbe addirittura l’accesso all’Europa League la prossima stagione, è un piazzamento a dir poco lusinghiero se si pensa che solo tre anni fa gli emiliani raggiungevano la promozione in Serie A. Congratulazioni doverose e una certezza: vi sono gestioni che pagano, se si ha il coraggio e la pazienza di programmare e sapere attendere. Investimenti sui giovani, gestione dello stadio e del marchio, spese oculate e sponsor strategicamente contestuali tra gli ingredienti: Sassuolo è già un’isola felice.
La provincia che insegna
C’è un’altra provincia del calcio che ha regalato un “grazie” scandito, scritto e cantato per 95 minuti: il Frosinone ha salutato la Serie A nell’ultima partita casalinga della stagione, ma i suoi tifosi, a differenza di molti altri, immaturi, non hanno lasciato spazio neanche di striscio a polemiche, gesti di rabbia o accuse alla cieca. Allo stadio “Matusa”, nonostante la retrocessione, è andato in scena un pomeriggio più all’inglese che all’italiana: come se ne vedono in Premier, anche chi perde viene applaudito se ha dato tutto. Perché il calcio, come la vita, regala spesso lezioni da non dimenticare.