Serbi a Trieste

Il contributo significativo dato dai serbi “illirici” allo sviluppo economico e culturale della città giuliana
serbi a trieste

Al turista in visita a Trieste non passa inosservata per magnificenza di marmi, icone, affreschi e mosaici che ricordano quelli ravennati e veneziani. È la chiesa di San Spiridione, alla cui decorazione furono chiamati insigni artisti lombardi: quasi un lembo dell’Oriente bizantino trasportato in Occidente, in questa città marinara che, sulla scia di Venezia, è stata pur essa mediatrice fra entrambi i mondi.

 

Punto di riferimento della comunità religiosa serbo-ortodossa che qui s’insediò nel XVIII, allorché Trieste si andò configurando quale principale porto commerciale dell’Impero austriaco, questo grandioso tempio è stato consacrato 142 anni fa, mentre ne sono trascorsi 242 dalla prima messa celebratavi in antico slavo ecclesiastico. Due date che sono occasione per ripercorrere tutta un’epoca e sottolineare l’importanza del ruolo culturale ed economico che tale comunità ebbe per lo sviluppo della città giuliana.

Basti pensare famiglie come i Popovich, gli Opuich o gli Skuljevich – solo per citarne alcune – che contribuirono alle fortune di Trieste per quanto riguarda i settori commerciale, marittimo, assicurativo e politico, la beneficenza e il collezionismo.

 

Se l’attività marinara era di primaria importanza, non esauriva però gli interessi dei commercianti serbi, che preferivano investire gli ingenti capitali di cui disponevano in diversi altri settori. Oltre all’acquisto e alla vendita di merci, provvedevano al loro trasporto con naviglio proprio. Per finanziare gli acquisti fondarono le prime banche private e per assicurare le merci le prime compagnie di assicurazione: alla fine del Settecento, su quattordici compagnie esistenti sulla piazza triestina i cosiddetti “illirici” ne controllavano otto.

A loro si devono anche alcuni dei più imponenti edifici privati della nuova Trieste. Inoltre non vanno dimenticate la biblioteca e la scuola serbo-ortodosse, importanti istituzioni che con i loro preziosi documenti e volumi hanno perpetuato il patrimonio culturale serbo in città.

 

Per tornare alla chiesa di San Spiridione, sorta nelle adiacenze di un luogo prestigioso come il Canal Grande, da sola essa testimonia il “peso” economico e culturale di una comunità piccola rispetto ad altre che hanno messo radici a Trieste (nel momento di maggiore floridezza  gli illirici non superarono mai le cinquecento unità), e proprio per questo può far riflettere sul contributo significativo che può venire anche dalle minoranze.

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