Sequestrati i radar del Poligono di Quirra
Nuovo intervento della magistratura per far luce sui tanti casi di morti per tumori nella zona. Emesso anche un provvedimento di sgombero degli allevamenti
Il procuratore della Repubblica di Lanusei, Domenico Fiordalisi, ha emesso un decreto di sequestro probatorio, per sei mesi, di 12 radar fissi più uno mobile del Poligono del Salto di Quirra. È il nuovo filone sul quale si sta muovendo il magistrato nella delicata e lunga indagine sul possibile inquinamento del poligono più grande d’Europa.
Nei giorni scorsi è giunta inoltre la notizia che sei militari ed un generale che avevano prestato servizio a Quirra sono morti per tumori al sistema emo-linfatico. Una possibile conferma che ci sia un nesso di causa effetto tra le esercitazioni militari e le patologie di residenti e di coloro che hanno operato nel poligono.
Il sequestro dei radar è stato deciso per consentire accurate analisi, affidate ad un consulente della Procura, sui livelli di onde elettromagnetiche prodotte dalle postazioni, comprese quelle a mare di capo San Lorenzo e di capo Bellavista.
Il nuovo provvedimento di sequestro non impedirà comunque le attività già autorizzate dalla Difesa. I militari dal canto loro hanno sempre dato massima disponibilità per accertare la verità.
Nelle scorse settimane in una riunione a Cagliari era presentato un rapporto, dal quale si evinceva che sostanze altamente inquinanti erano state rilevate nel monitoraggio ambientale nel suolo dell’area del poligono. Si segnalava la presenza di metalli vari, residui di esplosivo, perclorati, tritolo. Nel mare antistante Capo San Lorenzo erano state rilevate tracce di arsenico, cromo, piombo, nichel, in maniera superiore ai livelli indicati dalle direttive europee. I dati emersi dalle indagini in cinque lotti (suolo, acque, aria, elettromagnetico, sistema informatico ambientale) era stato commissionato oltre due anni fa dal ministero della Difesa.
Nel frattempo il procuratore Fiordalisi ha ordinato lo sgombero degli allevamenti presenti nell’area del Poligono. Decisione che ha scatenato la protesta della Coldiretti regionale, che ha minacciato di portare i capi di bestiame davanti al tribunale di Lanusei. L’associazione si dice «cosciente e rispettosa» del lavoro del procuratore di Lanusei, ma «non capisce l’accelerazione dell’ultimo provvedimento che richiede uno sgombero immediato dei pastori, senza tener conto del fatto che, ora, è assolutamente impossibile spostare 10 mila capi su terreni alternativi».
Ad una prima analisi, infatti, secondo i rappresentanti di Coldiretti, i pascoli dei comuni limitrofi al poligono non hanno capacità sufficiente a contenere il bestiame, cosi come non si sa in che modo risolvere i problemi legati alla mungitura e alla stabulazione degli animali. «A questo punto, non sapendo dove andare, porteremo le nostre pecore, le nostre capre e le nostre vacche davanti al tribunale di Lanusei, almeno faremo capire concretamente le difficoltà che i nostri pastori stanno affrontando in questo momento», hanno affermato Marco Scalas e Luca Saba, presidente e direttore di Coldiretti Sardegna.
«Avevamo di condurre le analisi in un’ottica che andasse a discriminare in maniera puntuale le aree effettivamente contaminate all’interno del poligono per consentire la permanenza del bestiame su quelle non inquinate», proseguono Marco Scalas e Luca Saba. «Sicuramente – concludono – la data del 19 luglio non sarebbe stata sufficiente per la conclusione delle analisi, motivo per il quale riteniamo fondamentale circoscrivere il territorio da sottoporre a sgombero».
A oltre sei mesi dall’avvio delle indagini la conclusione non è certo vicina. Se da un lato la Asl di Lanusei segnala a Perdasdefogu, sede principale del Poligono, 14 casi di tumore in tre anni, dall’altro il sindaco di quel comune denuncia problemi di ordine pubblico, dopo il rogo di tre auto di proprietà della Vitrociset, azienda che opera nel poligono.