Senza Slot: Azzardo come forma di controllo sociale

Un colloquio a tutto campo con Mauro Vanetti, del Collettivo Senza Slot di Pavia sulle radici profonde della crescita di un fenomeno ancora da comprendere nella sua dimensione e nei suoi effetti
casinò

Per chi riesce ad andare oltre le apparenze, la questione della presenza ossessiva dell’azzardo in Italia rivela i poteri prevalenti nel Paese, le imbarazzanti collusioni politiche e la fragilità culturale che ha permesso tale dominio.

Con il giro d’Italia avviato con Slot Mob si incontra, tuttavia, una ricchezza associativa composta da persone autentiche, difficili da omologare e soprattutto eterogenee nel loro provenienza. Dall’esperienza sul campo della Casa del giovane di Pavia proviene Simone Feder, colonna del movimento No Slot, che abbiamo già intervistato su cittanuova.it. Nella stessa città è nato anche il collettivo Senza Slot conosciuto per l’ottimo strumento che offrono sul loro sito per trovare i bar che nelle diverse città (grandi e piccole) hanno rinunciato a diventare il terminale dell’offerta globale dell’azzardo. Tracce di una resistenza civile documentata in maniera avvincente in un bel testo narrativo redatto dal collettivo: “Vivere senza slot. Storie sul gioco d’azzardo tra ossessione e resistenza”.

Apriamo un colloquio a tutto campo con Mauro Vanetti, uno dei membri di Senza Slot.  

Siete un collettivo di sinistra e vi occupate di azzardo a partire dalla situazione di una città ricca come Pavia, che è tutt'altro dalla periferia degradata di una metropoli. Non vi sembra una battaglia di bacchettoni moralisti che vogliono limitare la libera scelta personale dei singoli?

«Ma Pavia è la periferia degradata di una metropoli (Milano)! C'è un’illusione ottica che fa sembrare Pavia una città benestante, perché, in effetti, il reddito medio è ancora dignitoso, ma Pavia gode ancora di una prosperità che è tutta nel suo passato, essendo ormai entrata in un grave declino economico, sociale e oserei dire anche morale: proprio in questi giorni se ne parla nei telegiornali nazionali per l'ennesimo scandalo di corruzione. Pavia è un dormitorio sempre più degradato abitato da persone che lavorano a Milano ed è esperienza quotidiana per chi ha la mia età vedere i suoi amici e parenti emigrare in altre zone del Paese o del mondo.

Il proliferare del gioco d'azzardo ci segnala proprio che l'economia della città – un tempo vivace e basata sull'industria leggera oltre che su ospedali e università – ha virato in una direzione parassitaria.

Ma, in fondo, non è una libera scelta?

«Raccontare la disperazione di chi è schiavo della macchinetta come una "libera scelta personale" è la propaganda usata da chi lucra su questa forma subdola di controllo sociale. Loro sono gli schiavisti, noi siamo i libertari. Basta conoscere i giocatori d'azzardo o semplicemente guardare come "giocano" nell'angolo più brutto dei bar più degradati delle nostre periferie. Siamo andati in una di queste periferie a raccogliere firme per la rimozione delle macchinette da due spazi pubblici di quel quartiere: la prima persona del rione che è venuta a firmare è una giocatrice compulsiva di slot machine».

A vostro giudizio, che tipo di società rivela la gestione attuale dell'azzardo in Italia? Quali sono i poteri prevalenti?

«L'azzardo liberalizzato di massa in Italia è prima di tutto una scelta consapevole, ma non dei giocatori-schiavi, bensì dei capitalisti e dello Stato. L'attuale assetto è stato studiato a tavolino e realizzato da una sinergia tra legislatori, governanti, finanziatori privati e imprenditori. Lo Stato cercava fonti di finanziamento che permettessero di sequestrare denaro alla massa più povera della popolazione senza suscitare opposizione politica e sociale che avrebbe incontrato con una elevata tassazione regressiva».

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons