Senza mai scendere a compromessi

La radicalità della vita dei cristiani chiede che vi sia sinergia tra le diverse “buone volontà”.
Sanità

Gesù, con radicalità e insieme con realismo, quando invia i suoi discepoli quasi fossero «pecore in mezzo ai lupi», li esorta a essere «prudenti come i serpenti e semplici come le colombe».

È un invito a vivere innanzi tutto nella sequela di lui e in coerenza con il suo Vangelo. Senza “se” e senza “ma”. Senza altre armi che non siano quelle dell’amore e dell’intelligenza da esso dettata. E senza scender mai a compromessi.

Ma insieme è un invito a far fruttare, con acuto discernimento dei fatti e ponderata responsabilità delle scelte, tutte le risorse che sono a nostra disposizione affinché la logica della verità, del bene e dell’unità alla fine possa giocare tutte le sue carte.

L’invito, ovviamente, vale anche per l’oggi. Mi riferisco, in particolare, alla lettura della realtà che viviamo e al comportamento cui siamo chiamati per farla fermentare col lievito del Vangelo.

Guardando le cose spassionatamente, una considerazione mi pare s’imponga. Lo spirito evangelico e la cultura che da esso si vuole plasmata è senz’altro minoritaria, anche se tutt’altro che sotto tono o rassegnata. Si tratta anzi spesso – mi diceva di recente un’illustre firma del giornalismo nostrano – della parte più solida ma anche più vivace, più nascosta ma anche più promettente del Paese.

È vero che altri modelli culturali sembrano i vincenti. Ma tante volte non ci sembra d’intuire, anzi di toccare quasi con mano, che la scena rappresentata sul palcoscenico dell’attualità rischia di esser solo di cartapesta?

E allora – ecco il punto – non conviene, con la prudenza attenta e lungimirante di cui parla Gesù, far di tutto perché si creino sincere simpatie e feconde sinergie tra quelle esperienze, di diversa origine e di diverso profilo ma tutte suscitate dal lavorio dello Spirito, che punteggiano ricche di buona volontà e foriere di speranza il vissuto delle nostre comunità ecclesiali e civili?

Mi sto accorgendo che è un’esigenza da molti avvertita. Probabilmente ci si aiuterebbe così ad apparecchiare quei luoghi e quei sentieri condivisi di rinnovamento di cui c’è tanto bisogno. Forse, è anche una delle responsabilità di chi, per vocazione donata e per arte imparata, è chiamato a costruire ponti d’incontro e a tessere reti di unità.

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