Sentirsi soli in due
«Non mi aiuti», «non ci sei mai quando facciamo qualcosa di divertente», «sei immerso/a nel cellulare», «quando ti chiedo di fare una cosa procrastini sempre», «non sai più nulla di me», queste sono alcune delle frasi che echeggiano a volte nella vita a due doce ci si sente soli. Dietro affermazioni e richieste si possono celare domande più profonde da parte di uno o di entrambi. Il vissuto di solitudine che sottende lamentele e pretese ha spesso il sapore dell’abbandono emotivo. È qualcosa che nella coppia passa facilmente inosservato, perché si cela dietro gli impegni di tutti i giorni, le cose da fare, la cura dei figli, il lavoro. Un certo allontanamento è normale, soprattutto quando la relazione ha una certa età, ma quando uno dei membri della coppia smette di prendersi cura dell’altro; la questione si fa più grave.
È ormai risaputo che l’entusiasmo dell’innamoramento è passeggero e che dopo arrivano momenti emotivamente più pacati, in cui è inevitabile trovarsi in disaccordo. L’abbandono emotivo nella coppia è comunque un’altra cosa. Questo prende forma quando uno dei membri non è emotivamente disponibile per l’altro. Si manifesta con indifferenza e mancanza di empatia. In altre parole, mancano le espressioni di affetto nei confronti del partner e anche l’interesse o la predisposizione a comprendere il suo mondo, in termini di sentimenti, problemi, esperienze.
Alcuni segnali di abbandono emotivo nella coppia si osservano quando si parla solo del più e del meno e di sfuggita. Non si prende del tempo per chiacchierare, per parlare di cose leggere e anche profonde. Un altro segnale è il fatto di non esprimere a parole l’affettività o con piccoli gesti e attenzioni, non rispondere alle manifestazioni di affetto dell’altro, o mostrare un evidente mancanza di trasporto.
Quando si iniziano a percepire, succede che il partner sente di non poter contare sull’altro se dovesse avere dei problemi. Le difficoltà si possono acuire se quando se ne parla, l’altro non dimostra alcun interesse né si mostra partecipe delle idee, delle proposte o dei sentimenti del partner.
Se questo accade, se non si risolve e non si verbalizza, il proprio stato emotivo si trasforma in malessere psicofisico, in agiti particolari, in continue aspettative, in richieste di azioni concrete che possano andare inconsapevolmente a colmare un vuoto affettivo.
Spesso questi bisogni non vengono espressi perché uno o entrambi i partner fanno molta fatica a costruire un vero legame di intimità, infatti, può succedere che pur tenendo molto all’altra persona si sollevano barriere e si cerca di isolarsi. Quest’atteggiamento rappresenta un meccanismo di difesa, perché nel passato di chi fugge, si celano traumi non elaborati, esperienze non affettivamente nutrienti e prevale una forte mancanza di autostima. Si può nascondere la credenza più o meno consapevole di essere feriti o abbandonati, motivo per cui abbandonano loro per primi.
Uscire da questo meccanismo può essere complesso e talvolta se le paure abbandoniche di entrambi si incontrano le strade si possono facilmente dividere.
La relazione di coppia, dunque, può essere anche una nuova occasione dove fare un’esperienza diversa da quelle precedenti, dove assumersi il rischio di potersi fidare veramente. L’accoglienza e la disponibilità del partner può facilitare questa nuova esperienza affettiva, la creazione di luogo sicuro; è un percorso lento senza corse o invasioni di campo. Si possono fare piccoli/grandi passi quotidiani raccontando per esempio al partner cosa si vive dal punto di vista emotivo in una determinata situazione che ha creato disagio, ciò potrebbe aprire nell’altro un mondo sconosciuto e questo dà senso anche a situazioni incomprensibili. Oppure, chiedersi cosa c’è dietro uno scatto di rabbia e un lungo silenzio, o essere accoglienti verso i bisogni, comprendendoli non solo con la testa, ma anche col cuore. Ricordarsi di riconoscere le cose “buone” e dirsi parole d’incoraggiamento in quei momenti in cui nella relazione ritorna il profumo d’amore. Come tutte le cose inusuali, per il o la “fuggitivo/a” l’acquisizione di una nuova modalità avrà bisogno di tempo. Quel tempo lento e delicato, fondamentale, per costruire una relazione intima, dove si fa un passo avanti e uno indietro e poi ancora avanti. Fino al punto in cui potrà convivere la libertà di avvicinarsi profondamente e allo stesso tempo di allontanarsi per ritrovare se stessi con la scoperta di portare l’altro dentro di sé.