Sentinelle del territorio, costruttori di solidarietà

Alla conferenza organizzativa delle Acli nazionali, il presidente Olivero insieme a mons. Tettamanzi ha sottolineato che «la chiusura agli stranieri è una strada senza uscita».
Andrea Olivero

Un fine settimana impegnativo quello che hanno passato a Milano i quadri dirigenti delle Acli nazionali, con la tradizionale conferenza organizzativa e programmatica dal tema “Sentinelle del territorio, costruttori di solidarietà”. Quasi un migliaio i partecipanti tra delegati e dirigenti provenienti da tutta Italia e in rappresentanza delle Acli all’estero, per dibattere tematiche quali la riforma del modello organizzativo per rafforzare la presenza dei territori, l’integrazione dei servizi con le attività associative, il ruolo prioritario della formazione per la crescita degli “aclisti” sul piano dei valori e delle competenze.

 

Interessante la tavola rotonda sull’impegno delle Acli per un’Europa solidale. Tra i relatori Letizia Moratti, sindaco di Milano, Mario Sepi, presidente Comitato economico sociale europeo, Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Cristiano Gori, docente politiche sociali all’Universitò Cattolica, e Mauro Magatti, preside della facoltà di sociologia dello stesso ateneo. A conclusione gli interventi di Andrea Olivero, presidente nazionale delle Acli, e del cardinale Tettamanzi.

 

L’arcivescovo ha subito reclamato interventi di inclusione a favore dei poveri e in particolare degli immigrati, per evitare che si creino ghetti puntando solo su politiche di repressione. «Bisogna sottoporre ad una più attenta autocritica – ha osservato – il concetto di legalità e la formula che ne discende di accoglienza nella sicurezza, se questi principi portano nei fatti all’esclusione dei migranti». «A Milano – ha infatti affermato il sindaco Moratti – pratichiamo la politica della legalità, della sicurezza e dell’accoglienza. Proprio per questo non si creano ghetti. E si scongiurano rivolte contro lo Stato, che invece si sono verificate in altri Paesi».

 

L’arcivescovo ha insistito, riguardo agli immigrati, sul fatto che «la riflessione sulla solidarietà deve portare a rifiutare la loro esclusione e ad optare per la loro inclusione: l’esclusione contraddice il valore e l’istanza della relazionalità come dato costitutivo essenziale e come irrinunciabile dinamica della persone». E ha ricordato come Cristo beatifica i poveri e gli ultimi citando la «carta costituzionale dei cristiani», il Vangelo delle beatitudini: pertanto «la solidarietà e la cura verso gli emarginati e gli esclusi devono diventare l’imperativo per chi si riconosce nella comunità dei fedeli». «Vorrei che tutto questo – ha concluso il cardinale – non venisse inteso in modo semplicistico come un puro richiamo etico, ma come un’urgenza sociale e un’emergenza politica da affrontare con estrema serietà».

 

L’ultimo anno e mezzo vissuto dalle Acli – accanto alle diocesi italiane, a partire da quella di Milano – a stretto contatto con i problemi dei cittadini, delle famiglie e degli immigrati, ha contribuito a ridisegnare il volto dell’associazione, mettendo sempre di più la lotta alla povertà al centro dell’azione e dell’identità associativa. Pieno sostegno quindi a mons. Tettamanzi da parte delle Acli: per Olivero, «una società fondata sull’esclusione degli stranieri è ingiusta e "peggiore", più brutta. Il cardinale ha ragione: il tema della sicurezza va rovesciato. È l’integrazione che garantisce la sicurezza di tutti i cittadini. Quella della chiusura agli stranieri è una strada senza uscita».

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