È sempreverde il tulipano di Dumas
Nel vasetto sopra la cassapanca mi era spuntato il germoglio di chissà quale bulbo dimenticato. Negli stessi giorni avevo preso in prestito dalla Biblioteca comunale un romanzo di Alexandre Dumas il cui titolo mi aveva incuriosito: Il tulipano nero nell’edizione Sellerio del 2008. Non che mi aspettassi di veder sbocciare dal mio bulbo un tulipano, e meno che mai nero, ma quella coincidenza, ammetto, mi metteva in una certa aspettativa.
Intanto ho cominciato a leggere il romanzo, ritrovando il vecchio amico Dumas accattivante come sempre, perfino colloquiale col suo rivolgersi di quando in quando al lettore, come davanti a un caminetto dove al lume e al calore dei ceppi accesi le storie più fantastiche prendono il via assumendo parvenza di realtà… proprio come questo Tulipano nero che peraltro si ispira ad eventi storici, come di consueto nel papà de I tre Moschettieri più uno. Lasciamoci dunque catturare da questo romanzo scritto da Dumas in collaborazione con Auguste Maquet (il suo consulente storico) nel 1850.
La storia si svolge nei Paesi Bassi, nel cosiddetto secolo d’oro olandese, il 1600, dove nel travagliato periodo finale è in atto un’accesa lotta per il potere tra il Gran Pensionario, il borghese, e l’aristocratico Guglielmo III d’Orange, incaricato come Statolder (luogotenente) del governo di una provincia. Nel frattempo, con il diffondersi dei tulipani importati in Europa dall’Oriente, si era sviluppata in Olanda tra le classi altolocate una vera e propria mania per questi fiori, il cui valore aveva superato, in certe varietà, perfino quello degli smeraldi. A causa della speculazione sui futuri tulipani fra coloro che non avevano mai visto i bulbi, per molti, da un giorno all’altro, si verificava l’acquisto o la perdita della propria fortuna prima che il governo intervenisse con una bolla a tentare di regolamentarne il commercio.
Questo lo scenario storico sul quale Dumas sviluppa un racconto d’amore e di spionaggio industriale che vede protagonista il giovane e facoltoso medico dell’Aja Cornelius van Baerle, il quale investe grosse somme di denaro nella coltivazione dei tulipani alla ricerca di forme e colori sempre nuovi fino a voler creare l’impossibile tulipano nero, per il quale la città di Haarlem offre il cospicuo premio di 100 mila fiorini.
Cornelius sta quasi per riuscirci quando un vicino invidioso, Isaac Boxtel, lui pure fanatico per i tulipani, onde rubargli i preziosi bulbi organizza un piano che peraltro va a monte, arrivando ad accusare van Baerle di aver complottato con il Gran Pensionario de Witt, sconfitto e trucidato nel frattempo dagli orangisti. Mentre Cornelius, incarcerato e totalmente all’oscuro delle vicende politiche, è in attesa di essere giustiziato, s’innamora – ricambiato – di Rosa, l’avvenente e pietosa figlia del carceriere. Attraverso mille peripezie (è la parte più movimentata del romanzo) la giovane riuscirà a far fiorire i bulbi del meraviglioso tulipano nero che al momento dell’arresto Cornelius, con uno stratagemma, era riuscito a prelevare prima dell’arresto, occultandoli poi nella sua cella.
Non penso di far torto al lettore rivelando che la grande scena finale vede riuniti i due innamorati, riabilitato van Baerle e punito l’invidioso senza scrupoli Boxtel. Del resto, non è d’obbligo il lieto fine nella tragicommedia e nell’opera buffa? E un po’ di tutto questo è appunto Il tulipano nero, dove la leggerezza si alterna ai momenti drammatici e all’ironia indulgente con cui lo scrittore considera le follie floreali dell’Olanda seicentesca.
Sentite, ad esempio, la spassosa descrizione che Dumas fa del presidente della Società di Orticoltura di Haarlem, mastro van Systens, cui spetta decidere sul tulipano nero per assegnare il premio: «Era un ometto gracile, il cui corpo era conformato come lo stelo di un fiore, mentre la testa assomigliava a un calice e le due braccia, mollemente pendenti, assomigliavano alla doppia foglia oblunga del tulipano; inoltre un certo dondolio a lui abituale lo faceva assomigliare a quel fiore quando si piega sotto il soffio del vento».
E un quesito, anche questo con leggerezza, sembra proporre l’autore: è lecito posporre ad un fiore, per quanto unico, l’amore sincero di una fanciulla come Rosa (non a caso, nome di un altro fiore)? Certo, Cornelius ne è innamoratissimo, ma davanti alle rimostranze di lei, che avverte nel fiore un rivale e tuttavia, sempre per amore, si prende cura del bulbo fino al suo felice sbocciare, lui arriva a fare chiarezza dentro di sé e a ritrovare le giuste priorità. In definitiva, entrambi i giovani imparano ad accettarsi l’un l’altro così come si è, senza idealizzarsi troppo.
Un po’ di febbre del tulipano, ne sono certo, contagerà anche il lettore, grazie all’arte di Dumas. A questo punto però qualcuno si chiederà: è esistito, esiste il tulipano nero? No, purtroppo. Quelli che vengono oggi così definiti, appartenenti a varietà ibride molto rare e ricercate dai collezionisti, esibiscono in realtà petali di un colore viola-bluastro molto scuro. Quanto al mio bulbo, il bocciolo è spuntato ma stenta ancora ad aprirsi per le impreviste basse temperature di questo aprile.
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