Sempre travolgente il ritmo degli Stomp

Bidoni, scope, cerchioni di ruote, coperchi, sacchetti di plastica e di carta, diventano strumenti musicali nelle mani degli acrobati ballerini statunitensi
stomp

Hanno l'aria canagliesca, da ruvidi metropolitani di periferia. Indossano jeans sdruciti, canottiera e anfibi. Entrano in scena dinoccolandosi e con in mano dei rastrelli. Da qui a poco si scatenano. Battendo i piedi e poi le mani, con colpi e strofinii, mitragliano a tempo su qualsiasi oggetto capiti loro a tiro, ottenendo suoni imprevedibili e ritmi turbinanti scanditi da acrobatiche coreografie. Sono ballerini, acrobati, percussionisti. Aggressivi (ma solo in apparenza), ironici e poetici, gli Stomp, con la loro "street art" hanno trasformato i rumori della civiltà contemporanea in danza, teatro e musica. Gli oggetti poveri sono sfida ecologica allo spreco urbano. L'ensemble inglese di Brighton (ma lanciata a Broadway nel 1991), da anni imperversa sulle platee di tutto il mondo. Il loro successo è stato tale che, negli anni, hanno clonato altri tre gruppi di otto performer per consentire di poter circuitare contemporaneamente in tutti i continenti. In Italia ormai sono di casa e ritornano ogni anno, a Roma ospiti del teatro Brancaccio.

Come tanti fenomeni teatrali gli Stomp hanno generato degli epigoni: dagli australiani Tap Dogs, agli israeliani Sheketak, ai coreani Cookin, alla Vegetable Orchestra. Il loro marchio però rimane inconfondibile. La formula è semplice, ma geniale: riciclare oggetti comuni della realtà urbana e industriale – bidoni, coperchi, sacchetti di plastica e di carta, scope, cerchioni di ruote, accendini, sturalavandini, lamiere, lavelli di cucina, e quant'altro – trasformandoli, a suon di percussioni, in musica e coreografie dal ritmo travolgente. Una vera sinfonia di suoni e di ritmo, che contagia e diverte. L'operazione degli Stomp, di riscattare dall’ovvietà e dalla bruttezza gli oggetti d’uso comune, si potrebbe comparare al fenomeno Trash delle arti figurative, che ha fatto assurgere a dignità artistica i rifiuti e i materiali di scarto della nostra civiltà dei consumi. Nello spettacolo si possono scorgere anche elementi della Pop Art e di Jerome Deschamps, del Futurismo e del cinema muto, dei cartoons e del circo; e per l’aspetto musicale, i ritmi tribali africani, l’hip hop, la break dance, il tip tap, l’heavy metal e la lotta giapponese kendo. Insomma un miscuglio di richiami artistici e di generi, che ne fanno uno spettacolo apparentemente leggero, in realtà frutto di una drammaturgia del suono e di un rigoroso lavoro corale di precisione e di fantasiache non ha bisogno di trama, né di parole. Uscendo dal teatro non si potrà fare a meno, guardandosi attorno, in casa o per strada, di scorgere negli oggetti che vediamo, un possibile strumento che nelle nostre mani potrebbe, chissà, destarsi dall'immobilità e trasformarsi in un vero e proprio strumento musicale. E scoprirci così, anche noi, dei possibili Stomp.

 

Stomp, regia di Luke Cresswel e Steve McNicholas. Roma, Teatro Brancaccio, dal 2 al 14 dicembre.

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