Sempre più poveri, sempre più fragili

Il 2023? Annus horribilis per troppe persone, soprattutto le più fragili. A chiarirlo sono i rapporti di Caritas e del Dipartimento per le politiche antidroga e dipendenze
ph Pixabay

I dati relativi alla povertà e alle dipendenze ci consegnano un tessuto sociale ed economico sempre più alterato per estensione. Se il lato economico certifica che ad essere indebitato è l’85% della popolazione (complice il caro-vita) tanto che nel 2023 il debito medio è pari a 9.949 euro a cittadino, 22.674 euro a nucleo familiare, le conseguenze del fenomeno costituiscono una vera e propria rovina in termini umani.

La povertà ha purtroppo raggiunto, oggi, massimi storici ed è da intendersi come questione strutturata: i dati riferiti al 2023 non lasciano infatti margine all’immaginazione e attestano che il 9,8% della cittadinanza (il 10% circa dell’intera popolazione italiana) vive in condizioni di povertà assoluta. Ciò si traduce in individui che, secondo la definizione Istat, non hanno il minimo necessario per vivere dignitosamente perché impossibilitati ad accedere a beni e servizi di prima necessità come cibo e indumenti.

A queste situazioni – scrive Caritas − si aggiungono poi le storie di coloro che sopravvivono in una condizione di rischio di povertà e/o esclusione sociale: si tratta complessivamente di circa 13 milioni 391 mila persone, pari al 22,8% della popolazione.

Nel 2023 le persone senza dimora sostenute dalla rete delle Caritas diocesane e parrocchiali sono state 34.554. Cioè: l’Italia è quel Paese in cui la politica non considera sostanzialmente prioritario estirpare i gravami della povertà ma consente, ad esempio, alle società di calcio di avere un debito di 800 milioni di euro col fisco, mentre con una spesa destinata al settore della difesa di oltre 31,6 miliardi di euro nel 2023, si colloca al terzo posto tra i 4 maggiori Stati europei per denari indirizzati agli armamenti.

Non di meno preoccupa la questione che riguarda il consumo di sostanze stupefacenti: nel 2023 il quadro che si compone evidenzia un’evoluzione nella configurazione del mercato con un trend in aumento così come il consumo di gioco d’azzardo tra i minori (1,5 milioni di studenti). Tra l’altro, stime riferite al 2022 hanno indicato un incremento della spesa per sostanze stupefacenti che è tornata ai livelli pre-pandemia Covid-19 di circa 17 miliardi di euro.

Dunque, traffico e consumo di cocaina continuano a crescere in Italia e non a caso negli ultimi anni i quantitativi sequestrati dalle Forze di Polizia sono più che quintuplicati: nel 2023, le Forze di Polizia hanno eseguito, in Italia e nelle acque internazionali 20.489 operazioni antidroga nel corso delle quali sono state sequestrate quasi 89 tonnellate di sostanze stupefacenti (+17% rispetto al 2022). Così come avviene per  il consumo di prodottii dell’azzardo cresce, tra i ragazzi, anche il consumo di cocaina e droghe sintetiche.

In questo contesto così complesso, la prima domanda che la classe politica e dirigente del Paese dovrebbe porsi è questa: di quali valori il contesto culturale italiano, per lo più descritto come cultura “post-moderna” o anche come “cultura della società liquida” è ancora portatore?

E viene innanzitutto da chiedersi se, in questa stagione sempre più appannaggio dei potentati economicistici nella quale, ad esempio, la pratica predatoria è stata elevata a sistema (tassi d’interesse sui prestiti, banchi di pegno, Sanità privata, diffusione dell’azzardo etc), esistono ancora dei modelli politici di riferimento. Soprattutto nel momento in cui questioni come quelle delle fragilità, delle sofferenze, lotta alle mafie e della povertà sono sostanzialmente state relegate a temi da ZTL. Da qui la disarmante attualità del pensiero di papa Francesco circa l’affermazione della “cultura dello scarto” (vali solo se produci) ripetutamente denunciata dal pontefice, e che è poi dilagata oltre gli ambiti del mondo economico contribuendo, anch’essa, alla marginalizzazione di un numero sempre più crescente di donne e di uomini.

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