È sempre l’ora di Chagall
Tra Asti e Mantova il pittore russo continua a piacere e a sorprendere. La magia delle persone sospese a mezz’aria – per prima la moglie Bella -, i sogni fantastici, l’irrequietezza danzante seducono sempre. Chagall è un bambino di una purezza assoluta, un poeta dell’infanzia spirituale. Un miracolo, nell’arte per tanti aspetti inquietante, drammatica o confusa del “secolo breve”.
Emigrato da Vitebsk– il villaggio della nostalgia – a Parigi nel 1910 e tornato poi una decina d’anni dopo in Russia, l’artista dà sfogo al suo mondo ricchissimo, fatto di sogni, acrobazie, viaggi nel cielo, in un sentimento di gioia universale. Una gioia leggera, natalizia si direbbe, piena di stupore.
Noi lo possiamo constatare a Mantova dove la galleria Tret’jakov ha prestato acquerelli e quadri degli anni 1911-1918 con sette grandi pannelli del 1920 dipinti per le pareti del Teatro ebraico da camera di Mosca, e ad Asti dove sono presenti ben 150 opere che ripercorrono la lunghissima vita di Chagall.
I capolavori sono noti, eppure è una meraviglia rivederli ogni volta. Penso a “Sulla città” (1914-1918) dove lui e la moglie Bella volano nel cielo tenendosi per mano come uccelli in schiera amorosa sopra un paese: sogno, incantamento, ecco cosa è l’amore. Vedo La danza (1920) con la popolana massiccia presa nel vortice del ballo, o la celebre tela La musica con il violinista verde appassionato a seguire l’onda melodica che sorge dal suo strumento emotivamente rosso. Un personaggio quasi mefistofelico, per alcuni, un Paganini surreale, ma forse invece un uomo totalmente preso dalla magia del suono che esclude ogni altro amore. L’arte vuole tutto.
Poi, ad Asti, acrobati, clown, mazzi di fiori, coppie di innamorati. Sembra che Chagall viva in un paradiso anticipato, dove la follia è freschezza, la fantasia rende tutto possibile, il sentimento spazia liberissimo, senza freni. Ma non è sempre così. Chi vede il Cristo bianco degli anni della guerra – e non solo questa tela –, si accorge che Marc ha colto la sofferenza del suo popolo, ed in esso di ogni popolo. Solo che egli ha la capacità di trasformare il trauma, il pathos in lirica contemplazione di una verità che sta sempre, per quanto angosciosa, oltre la sofferenza. Lo sguardo puro della sua anima riesce a dirlo, osservando le cose e le persone – la storia – dall’alto del cielo dove volano i suoi innamorati. Forse perché questo poeta del colore il cielo ce l’ha dentro di sé. Magia, incanto, gioco. Non si esce immuni dall’universo cangiante e libero di Chagall. Da non perdere.
Mantova, Palazzo della Ragione. Fino al 3/3 (catalogo Electa). Asti, Fondazione Palazzo Mazzetti. Fino al 24/2 (catalogo Arthemisia Books).