Sembra vero, anzi è falso

Il conflitto tra forze governative e ribelli è espressione dello scontro tra correnti sciite e sunnite, così come di altri interessi.
Tensioni in Siria

I media occidentali presentano un regime spietato che spara sui civili che scendono in piazza reclamando libertà e democrazia. È l’immagine che vogliono presentare i governi interessati alla caduta di Bashar al-Assad, sia tra gli stessi membri della Lega Araba, primi fra tutti la dinastia saudita e il Qatar, e poi Stati Uniti, Francia, Regno Unito e gran parte dell’Occidente.
Sia ben chiaro, Assad non è esente da colpe, prima tra tutte quella della reazione maldestra e criminale del suo esercito che ha causato vittime tra i civili. E non è che non esista una corrente di opinione all’interno della società siriana che auspica un suo passo indietro. Ma non in questo modo cruento e, ancor meno, mediante una guerra civile, ma con un processo interno pacifico e democratico, così come può esserlo nel contesto di quel Paese.
Oggi la Siria è teatro di vari scontri. Uno avviene all’interno del mondo islamico, tra correnti sciite e sunnite. In governi sunniti come l’Arabia Saudita non è visto di buon occhio l’aumento dell’influenza sciita nel mondo arabo attraverso il regime iraniano, che però raccoglie simpatie popolari per la sua ferrea opposizione allo stile di vita occidentale. Il regime di Teheran non fa mistero del suo progetto di esportare la rivoluzione khomeinista all’interno dell’Islam, finanziando gruppi come Hezbollah. Il sunnismo wahhabita di Ryad considera eretica la sorta di mediazione tra il sacro e il profano degli ayatollah e vi si oppone, anche in questo caso con qualsiasi mezzo. Lo sciismo, come religione di minoranza e come religione degli oppressi, in qualche modo ha trovato un alfiere nella repubblica islamica iraniana.
La Siria è poi il principale alleato del governo iraniano, col quale ha siglato un patto militare. La maggioranza sunnita della popolazione (70 per cento) è governata dagli alawiti (12-13 per cento), che hanno un’affinità sia religiosa che politica con lo sciismo. L’attuale situazione di scontro violento tra il governo di Assad e l’opposizione è vista con favore da settori dell’islamismo sunnita siriano, come salafiti e Fratelli musulmani, che sanno bene di essere i possibili eredi dell’attuale regime, come è già accaduto in altri Paesi arabi.
 
Su questa questione a sfondo religioso s’innesta la dimensione geopolitica del problema, dato che la Siria è un tassello importante del mosaico mediorientale. Indebolire questo alleato dell’Iran significa indebolire il regime stesso degli ayatollah, un obiettivo che la Casa Bianca annovera tra i suoi principali. E lo favorisce l’imprudenza del presidente Ahmadinejad, nelle sue dichiarazioni assurde sulla distruzione d’Israele e sulla negazione della Shoah, ma anche la politica spregiudicata di Teheran riguardo all’Occidente e il sempre più intenso rapporto commerciale con la Cina. Motivi che pesano in modo notevole su Washington, tra i cui obiettivi figura quello di frenare la crescita del dragone asiatico come futura superpotenza globale.
Pertanto, presentare Assad come il dittatore di turno ha lo scopo di generare un ripudio nei confronti del governo siriano, che non tiene conto che la parte ribelle si macchia delle stesse colpe e che spesso le notizie sono manipolate e gonfiate, come rivelato dal rapporto degli osservatori inviati in Siria dalla Lega Araba, ma successivamente insabbiato. E ciò è aggravato dalla presenza inquietante di gruppi armati, spalleggiati e finanziati da sauditi, Qatar, Regno Unito e Stati Uniti, tra i quali membri del Gruppo islamico combattente in Libia (Lifg), oggi alla testa del nuovo esercito della Libia, e noti da anni all’intelligence internazionale per essere un gruppo fusosi nel 2007 con Al Qaeda. Il Lifg figura nelle liste nere dei terroristi dell’Onu, del Dipartimento di Stato Usa e del Dipartimento degli interni britannico.
Ma Al Qaeda non era il nemico pubblico numero uno? Come mai suoi alleati, tra i quali un uomo sospettato dell’attentato dell’11 marzo 2004 a Madrid, sono appoggiati e finanziati da governi occidentali? La realtà appare molto meno manichea di come viene presentata. E forse la stessa storia della guerra globale contro il terrorismo andrebbe riscritta.


Un obiettivo mirato
 
Sua Beatitudine Gregorios III è patriarca melchita, greco-cattolico. È originario della Siria, suo Paese di residenza principale. (L’intera intervista su www.cittanuova.it)
 
 
Condivide l’opinione anti-Assad della stampa internazionale e delle cancellerie di tanti Paesi?
«No. Mi sembra che vi sia una volontà internazionale di cambiare il regime di Assad. Si potrebbero fare le elezioni, invece di costringerlo a partire… Non voglio usare la parola “complotto”, ma non siamo lontani dalla verità. Non è concepibile che tutte le colpe dell’attuale stato ricadano sul governo al potere. Nella regione girano talmente tante armi che gruppi sconsiderati possono tranquillamente fornirsene e scatenare scontri e provocare vittime».

Sintesi da Speciale Siria su www.cittanuova.it

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