Segni tra le pagine

Cosa ci riserva l’ultimo numero di Città Nuova? Scopriamolo insieme...
Copertina Città Nuova n. 4

C’era una volta Biancaneve: nel numero 4 di Città Nuova, commemorando i 100 anni della classica fiaba dei fratelli Grimm, Michele Genisio  osserva che «neppure l’amore d’un principe è garanzia di felicità, per quanto bello sia essere amati. […] Insomma, la sfida di insegnare ai figli come affrontare la vita, una volta l’avevano risolta inventando fiabe come Biancaneve. Ora tocca a noi».
 
Ci provano, ad esempio, tecnici e dirigenti della Scuola calcio per bambini “Varese 1910”, la cui attività è raccontata da Cesare Cielo, nell’articolo “È solo una partita” a pag. 56; all’ingresso del campo da gioco è esposto un cartello con su scritto: «Non giochiamo mai “contro” ma “con” i bambini delle altre squadre». Non è una fiaba. «Sarebbe bello se tutti i papà, tornando a casa dopo la partita del figlio, non dicessero alla moglie se il bambino ha vinto o perso, ma semplicemente: “Si è divertito”».
 
Non è una fiaba nemmeno la “Parabola di Paolo”, un giovane costretto a casa per curare una grave malattia e sostenuto da un’intera comunità, che ha allestito un ponte web sui tetti di Arezzo, la sua città, per consentirgli di seguire le lezioni scolastiche via Internet. Scrive Aurelio Molè a pag.32: «La malattia è, pur nelle difficoltà, una scuola di reciprocità in cui tutte le risorse, Paolo, la scuola, la famiglia, la comunità, si sono rinforzate a vicenda, allontanando, comunque sia, la paura».
 
È la conferma che «oggi c’è un bisogno diffuso di fiducia: fiducia nella vita, nella gente, nelle istituzioni, in sé stessi» – scrive Paolo Crepaz nella  “Penultima fermata” a pag.82. E ancora: «Chi vive relazioni di fiducia, le genera intorno a sé». Ma «come dare fiducia a chi sembra proprio non meritarla?», si domandano i coniugi Scotto rispondendo a una lettrice nella rubrica a pag.26: «Certamente non ignorando i suoi limiti, ma fidandoci del mistero presente in ogni persona, che ci fa sperare sempre nella sua capacità di recupero».
 
Una luce sui misteri dell’epigenetica viene dall’articolo di Giulio Meazzini a pag.68: «Siamo alle soglie di una rivoluzione medica, ma anche culturale: l’influenza reciproca tra geni e ambiente significa prima di tutto che il patrimonio genetico non stabilisce inesorabilmente il nostro destino. […] Lo sviluppo di una persona non è già completamente fissato prima della nascita, ma si compone durante la vita, in interazione con l’esterno. […] Siamo insomma “più” liberi, e le relazioni con gli altri hanno un ruolo decisivo».
 
In interazione con l’Italia si sono sentiti i 400 responsabili nazionali del Movimento dei focolari che, nel recente convegno di Castel Gandolfo, si sono domandati cosa fare per il nostro paese. È Polo Lòriga che sintetizza a pag. 3 gli impegni assunti da quell’assemblea: nel campo politico sollecitare la legge elettorale; in quello economico sostenere nuove imprese e promuovere l’incontro tra domanda e offerta di lavoro;  potenziare inoltre l’impegno sul fronte dell’emergenza educativa e della legalità.
 
Grandi mutamenti sociali e culturali, prima che economici e politici, sono in corso in Ungheria. A essi è dedicata la copertina e il primo piano della rivista con la corrispondenza dalle rive del Danubio di Pàl Tòth, che riassume i tre ultimi provvedimenti che hanno suscitato imponenti manifestazioni di piazza: una tassa sulle banche, una nuova Costituzione e la legge sull’informazione. Commenta: «Due decenni dopo il crollo del Muro di Berlino, in Ungheria non troviamo uno scenario di forze politiche equilibrate, in opposizione fra di loro, ma un fortissimo schieramento di centrodestra di fronte a raggruppamenti e gruppi d’interesse molto meno forti».
 
A Budapest, in Ungheria, si sono dati appuntamento, dal 31 agosto al 2 settembre prossimi, i giovani del Movimento dei focolari: il loro meeting “Let’s bridge” (costruiamo ponti), è presentato da Maddalena Maltese con una grande foto-notizia alle pagine 14-15: «Si scaverà nei drammi della storia attuale, nelle criticità di questa generazione, non perdendo di vista la speranza. Il dolore e la pace, l’unità e i conflitti, il virtuale e la quotidianità: sponde opposte ma non separate perché la spiritualità dell’unità le ha fatte incontrare e ha mostrato una convivenza possibile».
 
 

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