Segni tra le pagine

La difficile situazione della Sardegna, un'isola sempre più dimenticata dal resto del Paese, l'esperienza del comune di Camigliano, nell'agro aversano, sulla gestione dei rifiuti, e un primo piano sull'emergenza abitativa in Italia. E poi ancora sport, esperienze e spiritualità nel secondo numero di Città Nuova
Copertina n.2 Città Nuova

La Sardegna e la Terra dei fuochi, visitate rispettivamente dagli inviati Paolo Lòriga e Maddalena Maltese, sono al centro di due approfondimenti di attualità pubblicati nel secondo numero di Città Nuova. Ammirata all’estero e dimenticata in patria,  La Sardegna tra crisi e voto è descritta da Lòriga a pagina 16: «Il fatto di essere un’isola resta una condanna, non una tipicità su cui far leva. […] La disoccupazione è tra più alte del Paese (14,8 per cento), mentre solo tre giovani su dieci lavorano». Secondo il giornalista Giacomo Mameli, «in Sardegna le virtù private non riescono a imporsi sulle pubbliche mediocrità. Evaporata la grande industria, non sappiamo quale strada imboccare». Per l’economista cagliaritano Vittorio Pelligra «servono una riconversione industriale e un tessuto imprenditoriale che faccia tesoro della terra, del clima, del paesaggio, della cultura, così come dei distretti dell’informatica e dell’agricoltura avanzata».

Di altra natura sono i problemi della Terra dei fuochi: «Le discariche di superficie – scrive Maddalena Maltese a pagina 22 –,  i roghi di rifiuti appiccati sotto i cavalcavia di Caivano, Marcianise, Acerra non portano solo il marchio Campania, qui c’è la foto di imprese di tutta Italia che hanno fatto dell’agro aversano una discarica, complici più o meno consapevoli del suo scempio». Nell’articolo La camorra non è un alibi sono segnalati di contro gli ottimi risultati raggiunti dalla comunità di Camigliano guidata dal giovane sindaco Vincenzo Cenname: 75 per cento di differenziata, Tarsu sotto i 100 euro per abitante, bancomat dell’alluminio ed erogatore pubblico di acqua controllata. «Siamo noi a doverci occupare del territorio – spiega Cenname – e prendere atto che le malattie oncologiche sono aumentate, anche se non riusciamo ad avere dati certi. Occorre studiare ed elaborare un piano che freni la contaminazione di falde e canali di irrigazione. Va ripensato il lavoro agricolo. Bisognerebbe riconvertire la coltivazione verso il no food, per esempio coltivando la canna da zucchero per produrre bio-etanolo, sui terreni incriminati, in modo da non lasciare senza reddito i contadini. Infine vanno valorizzate le eccellenze prodotte dal 95 per cento di territorio salubre».

All’emergenza abitativa, altro problema che tocca tutto il Bel Paese,  è dedicato il Primo piano di Carlo Cefaloni a pagina 9: Case senza abitanti e abitanti senza case. «Secondo i dati del Campidoglio – riferisce Francesco Erbani, capo servizio di Repubblica – mancano 26 mila alloggi per i “senza casa”, mentre si stimano 250 mila appartamenti vuoti prodotti da una crescita tumultuosa dei fabbricati dal 2000 in poi. Bisogna quindi chiedersi: per chi e cosa si costruisce? Come e dove si edifica? È evidente il prevalere degli interessi privati e speculativi su quelli pubblici». «Se vogliamo mettere mano con serietà ed efficacia alla domanda di casa – sostiene Elena Granata, docente di analisi della città e del territorio al Politecnico di Milano – dobbiamo elaborare una nuova coscienza collettiva capace di promuovere nei fatti il diritto ad avere una casa e di stigmatizzare comportamenti speculativi e pratiche di ingiustizia. È necessario ripensare il ruolo del soggetto pubblico come arbitro, regolatore e controllore di un mercato spesso irregolare e speculativo. È necessario mettere mano con decisione al patrimonio sfitto o affittato in modo irregolare, verso canali di locazione più equi e responsabili, rispondenti alle necessità dei gruppi sociali deboli. È necessario rivedere il ruolo del privato sociale e della cooperazione nel dare risposte pubbliche innovative alle fasce di popolazione più dimenticate, sperimentando formule abitative diverse dal passato: per coppie giovani, donne sole (o uomini soli) con figli, famiglie immigrate, anziani».

Le mura di una piccola città dell’Algeria, che ogni giorno accolgono migranti che giungono al termine dell’estenuante traversata del Sahara, sono diventate per J.F. Debargue esperienza di ospitalità presso le persone più povere della terra: si tratta dell’Incontro a Ghardaïa descritto a pagina 52: «Eravamo lì, a domandarci se avremmo accettato di morire legalmente a casa nostra, per la guerra o semplicemente per la miseria, o di sopravvivere “irregolarmente” al di là delle frontiere tracciate dagli stessi che erano entrati “legalmente” per colonizzare, e ancora oggi dalle multinazionali e dalla globalizzazione, che creano e mantengono l’insicurezza nella stessa Africa».

Dalla nostra Calabria, dove quattro anni fa i 1500 braccianti agricoli extracomunitari sono stati coinvolti in episodi di guerriglia urbana nella piana di Gioia Tauro, germoglia la speranza di abbattere le barriere dell’odio: Con un pallone a Rosarno – riferisce Giovanni Bettini a pagina 56 – don Roberto Meduri ha messo su una squadra di calcio che si è iscritta al campionato di terza categoria: «In tutto sono una trentina i ragazzi della rosa ufficiale. Vengono da Ghana, Senegal, Burkina Faso, Togo, Costa d’Avorio, Niger e Congo anche se la lingua ufficiale del gruppo è l’italiano. È l’Italia che li unisce! Al termine di ogni partita che si vinca o si perda andiamo a ringraziare il pubblico e portiamo avanti il messaggio dell’integrazione sociale e la gente di questo se ne accorge».

Il ministro Cècile Kyenge è un autorevole simbolo della volontà italiana di integrazione. Nell’intervista concessa a Teens – il nuovo periodico per ragazzi edito da Città Nuova – e riportata a pagina 32 sotto il titolo Partecipare per costruire il futuro, afferma: «Il “farsi carico” dell’altro è esercizio effettivo del diritto ad essere umani, ad essere comunità. L’uomo vive in e di relazione. Mai come in questi ultimi anni, caratterizzati da crisi economiche e disuguaglianze sociali, c’è la necessità di ripensare al valore della solidarietà e del dialogo […]. Il vostro compito – ribadisce la Kyenge a Francesco Gambale e Marco D’Ercole – è quello di riappropriarvi del vostro diritto a sognare. Il nostro è quello di ascoltare e rendere concreti i vostri bisogni perché la politica deve essere attraversata da più umanità e passione incentrandosi sulla persona, come dice la nostra bella Costituzione».

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