Segni tra le pagine
“Aprite vie nuove”: è l’appassionata sollecitazione di papa Francesco ai gruppi ecclesiali, convenuti a Roma nel maggio scorso e rilanciata dalla copertina dell’11° numero di Città Nuova. «Stiamo vivendo i benefici di questa Pentecoste che ormai si ripete nell’ordinarietà della vita ecclesiale» – afferma Salvatore Martinez, coordinatore del Rinnovamento nello Spirito intervistato da Aurora Nicosia nel primo piano a pagina 8. «In tanti modi la nostra gente racconta la bellezza di questa amicizia ad ogni angolo del mondo – prosegue Martinez. – Siamo passati dallo straordinario all’ordinario con la capacità dei movimenti di farsi prossimo dinanzi alle tante emergenze della società». Maria Voce, presidente dei Focolari, riferisce, nel box a pagina 11 – di aver promesso al papa il proprio impegno «perché in tutto il Movimento ci sia la coscienza che non si va avanti se non si riscopre questo rapporto diretto con Gesù di ciascuno e di tutti insieme, perché sia lui, Gesù fra noi, a camminare nella nostra storia e nella storia del mondo».
È su questa stessa strada che la presidente dei Focolari incontra esponenti di tutte le religioni: nella conversazione a pagina 42, In profondità, cita i luterani Walter e Hanna Hümmer: «La nostra vita interiore si arricchisce se doniamo (al fratello) quello che l’amore ha operato in noi. Essere per l’altro non impoverisce, ma arricchisce».
Ne ha fatto esperienza Patrizia Mazzola, insegnante di scuola media. Con uno sguardo che vede “fratelli”, a pagina 44 spiega che «il problema della dispersione scolastica ha un nome […]: Mario abita nei magazzini vicino alle stalle, senza acqua corrente e prima di venire a scuola, ogni giorno va alla fontana per riempire i bidoni. Toni vive con la sua famiglia in una casa di 20 metri quadri. Vincenzo lavora tutti i pomeriggi nel mercato rionale per 5 euro a settimana e Giovanni va in giro di notte con il padre a rovistare i cassonetti […]. Forse posso fare ben poco, ma posso guardare gli altri con attenzione, con uno sguardo che vede “fratelli”, qualunque sia il baratro nel quale si trovano».
Giorno per giorno coi problemi degli altri: così cerca di vivere a Lugano, in Svizzera, Domenico Lorenzi; impiegato presso un sindacato, ha spesso contatti con persone in difficoltà. Alcuni di questi rapporti vissuti all’insegna della fraternità, come quello con un lavoratore stagionale o un armeno, sono raccolti da Maria Pia di Giacomo a pagina 36. Conclude Domenico:«È proprio vero: il mio lavoro mi offre mille occasioni per ricordare che ciò che vale è rinnovare questa struttura sociale facendo la mia parte giorno dopo giorno».
«Da secoli punto di confine tra Ovest ed Est, Trieste trova la sua vocazione nel fungere da ponte, snodo, luogo d’incontro e di dialogo». Nel reportage a pagina 46 Paolo Lòriga coglie i segni della vocazione all’integrazione presenti nella stessa architettura urbana del capoluogo trentino: «La presenza di una delle sinagoghe più importanti d’Europa, il tempio serbo-ortodosso di San Spiridione, la chiesa greco-ortodossa di San Nicolò rimandano a comunità di stanza da secoli nella città. Religioni e culture, lingue ed etnie hanno arricchito la città, rendendola un avamposto di convivenza e un laboratorio di integrazione».
Il pastificio “Pasta di sole” è un negozio grossetano gestito da una cooperativa sociale di tipo B. Le sue iniziative di inclusione sono raccontate da Tamara Pastorelli a pagina 32: Su Grosseto splende il sole. Nel laboratorio «lavorano in due turni sette ragazzi disabili e due normodotati. Ma, lavorando insieme, con le mani in pasta, le differenze sfumano […].“Pasta di sole” è il sogno più recente realizzato dalla fondazione Il sole onlus, un progetto nato all’inizio del 2002, quando alcuni genitori con figli portatori di handicap cominciarono a ragionare sul “dopo di noi” […]. "Tutti ci hanno sostenuto – afferma il direttore Roberto Marcucci – la parrocchia, il partito, il sindaco, gli amici musulmani, alcune banche, le persone..” […] Poi, ci sono i sogni: “In prospettiva ci piacerebbe creare degli appartamenti dove potrebbero abitare ragazzi autosufficienti, per vivere in autonomia, anche rispetto alla famiglia d’origine”.
«Dopo oltre dieci anni dalla seconda guerra del Golfo, l’Iraq prova a rinascere con iniziative di integrazione: cerca un «collante che leghi in particolare le comunità sciita e sunnita che, nell’ultimo decennio, si sono spesso aspramente combattute». Lo fa anche grazie ad iniziative di responsabilizzazione dei giovani, magari attraverso la pratica sportiva. Quel pallone che abbatte le barriere è il titolo dell’articolo di Marco Catapano a pagina 36 in cui vengono presentate le iniziative sportive controcorrente realizzate da un college di Baghdad (“Al Chaab Sports Academy”): «Qui, infatti, 120 ragazzi convivono senza alcuna distinzione. In realtà sono sunniti, sciiti, cristiani caldei, ovvero giovani provenienti da diverse etnie e appartenenti a differenti credi religiosi. Quando scendono in campo, però, quando si allenano e giocano insieme, queste differenze spariscono quasi per incanto […]. Perché giocando e allenandosi insieme, possono comprendere che tutti sono uguali. Sperimentandolo sulla propria pelle durante le ore passate insieme sul campo di gioco, per poi vivere e testimoniare questa esperienza di unità anche fuori».