Segni tra le pagine

Dal Punto del direttore Michele Zanzucchi alle parole di Maria Voce nelle pagine di spiritualità un invito alla condivisione per superare la crisi e «bruciare ogni solitudine». Spunti di riflessione leggendo l'ultimo numero del quindicinale
Città Nuova rivista n. 9

Il punto, con cui si apre il n. 9 di Città Nuova, sottolinea due direzioni di marcia assolutamente «indispensabili per far ripartire il treno dell’Italia: da un lato la ricerca di una coesione politica e sociale, dall’altro la necessità di guardare all’altro con fiducia. Due direzioni che, in fondo, sono convergenti». Continua il direttore Michele Zanzucchi: «Per far questo, per convergere, per arrivare alla condivisione di programmi di governo e di azione, non basta una generica accettazione delle parole d’un presidente, o la semplice costatazione che il mettersi assieme è l’unico modo di sopravvivere. Serve la convinzione profonda che condividere è “la” soluzione».

Lo hanno capito i movimenti e le aggregazioni ecclesiali negli ultimi 15 anni di cammino comune, rievocati dal sociologo Mauro Magatti a pagina 18 nell’articolo Rieccoli tutti insieme. Papa Wojtyla, che li aveva convocati a Roma, per la prima volta nella storia, nella Pentecoste del 1998, disse loro: «La Chiesa si aspetta da voi frutti maturi di comunione e di impegno». Erano gli anni in cui il mondo cattolico italiano viveva il disorientamento provocato dalla fine della Democrazia cristiana. Nel 2006, Benedetto XVI «sapeva bene che, per cogliere l’obiettivo strategico di rinnovare la Chiesa, aveva bisogno dei movimenti, portatori di un contributo peculiare. Papa Francesco, il pontefice delle sorprese, non sappiamo quali novità riserverà ai movimenti nell’incontro corale del prossimo 18 maggio. […] Mai come adesso c’è la necessità di lavorare insieme e questo pontificato può aprire una stagione nuova».

La settimana successiva, il 25 maggio, papa Bergoglio proclamerà beato – poiché martire – Padre Pino Puglisi. Maddalena Maltese, per delinearne la straordinaria figura, a pagina 21 dà la parola ai Testimoni di 3P, persone che lo hanno conosciuto da vicino. Così lo ricorda un ex-alunno: «La prima volta che entrò in classe aveva uno scatolone vuoto sotto braccio. In silenzio, lo posò per terra. E mentre lo guardavamo, lo pestò con un piede. “Avete capito chi sono io?”, domandò. “Un rompiscatole”, concluse sorridendo. Ci spiegava che le orecchie grandi gli servivano ad ascoltare meglio, le mani grandi per accarezzare con più tenerezza, i piedi grandi per camminare veloce e soddisfare subito le richieste di aiuto. “E quella testa pelata?”, domandavamo impertinenti. E lui passandosi una mano sulla calvizie: “Per riflettere meglio la luce divina”». Secondo i catechisti della sua parrocchia «non era un prete antimafia: parlava apertamente, ma non si schierava contro nessuno. È beato non tanto per la sua morte ma per la sua vita». «Se dovessi racchiudere la sua vita in una parola – conclude un’insegnante – direi coerenza».

Un messaggio che ha colpito tutti, specialmente i giovani. E proprio ai giovani è dedicato l’ultimo film di Giacomo Campiotti Bianca come il latte rossa come il sangue. Il messaggio è sintetizzato da Mario Dal Bello a pagina 63 La vita continua. Afferma il regista: «Oggi ai giovani nessuno osa parlargli di sofferenza. La società ignora la morte, la malattia, volutamente, vuole la salute, l’immortalità […]. Le prove, le difficoltà vengono per migliorarci».

Ne hanno fatto esperienza i due giovani sposi (lei calabrese, lui di Haifa) protagonisti della storia raccontata da  Oreste Palliotti a pagina 24, Noemi e Rami hanno ricominciato: trovatisi a scegliere tra il benessere economico e l’unità familiare non hanno avuto dubbi: «Quando ci siamo resi conto che i bimbi incominciavano a risentire del fatto che, per le sue ore lavorative, vedevano il papà solo un giorno a settimana, abbiamo concluso che l’importante non era la tranquillità economica, ma la nostra vocazione ad essere famiglia. Così Rami ha lasciato quel lavoro e ci siamo affidati a ciò che Dio avrebbe pensato per noi». Così, tra Israele e l’Italia si è stagliato il loro progetto di famiglia, che continua – conclude Noemi –  nel «provare a rispondere alla profonda richiesta di amore di ogni persona che incontriamo, al di là di tutti gli schemi e valutazioni».

È l’atteggiamento giusto anche per accostarsi ai tanti conflitti attualmente combattuti nel mondo per riuscire a vedere i Poveri, vere vittime, seguendo lo sguardo di Vincenzo Buonomo nell’editoriale a pagina 8: «In genere nel valutare le conseguenze dei conflitti pensiamo immediatamente alle loro cause. Con meno attenzione, invece, riflettiamo su come provocano povertà: la diaspora di persone, famiglie e comunità significa la perdita di misere cose o l’abbandono di case, terreni, magari subito rioccupati da una sconcertante lotta tra poveri. E poi viaggi estenuanti alla ricerca di protezione, conclusi in campi profughi sempre più estesi, dove regnano denutrizione, violenza, cure insufficienti».

Chiara Lubich ci affida un compito, scrive a pagina 42 Maria Voce nella conversazione Da fratello a fratello abbracciando il mondo: «Continuare ad essere le Sue braccia nel mondo, per consumare in amore, appunto, ogni solitudine; e concorrere a realizzare il Testamento di Gesù sulla terra. "Dammi tutti i soli… – scrive in un’altra stupenda pagina del ’49 – . Ho sentito nel mio cuore la passione che invade il tuo per tutto l’abbandono in cui nuota il mondo intero. […] Dammi, mio Dio, d’essere nel mondo il sacramento tangibile del tuo Amore, del tuo essere Amore: d’esser le braccia tue che stringono a sé e consumano in amore tutta la solitudine del mondo"».

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