Segni tra le pagine
L’importanza di chiamarsi Francesco – titolo di copertina del sesto numero di Città Nuova – l’abbiamo colta in tanti, ravvisando nella scelta di quel nome anche un programma per l’azione del nuovo pontefice. Le priorità per il nuovo timoniere sono raccolte da Paolo Lòriga a pag. 18, dando voce a esperti e lettori. Per madre Viviana Ballarin, presidente dell’Unione delle superiori maggiori d’Italia, si tratta di «far sperimentare all’umanità che la Chiesa è la possibilità dell’esperienza di incontro con il Padre che perdona e salva, con Cristo che ci rende fratelli suoi e tra noi». Secondo Vito Mancuso, docente di Storia delle dottrine teologiche all’università di Padova, le priorità sono due: «C’è l’urgenza di offrire l’esperienza spirituale […]. Una seconda priorità è il raccordo della Chiesa con le vicende della società, stando in ascolto dei drammi e delle richieste».
Una richiesta pressante, che sale in queste settimane dalla società italiana, è quella di un governo nonostante la difficoltà per qualsivoglia premier incaricato, di doversi confrontare Con un Senato arlecchino, così come scrive Iole Mucciconi a pag.16: «Un governo è necessario e dovrà stringere una alleanza forte con il Parlamento per affrontare i nodi finora colpevolmente accantonati: riforma istituzionale ed elettorale, moralizzazione del Paese, lotta agli sprechi e ad ogni casta, riforma del fisco… Questo ed altro ancora, per rifondare il patto di cittadinanza e ripartire con speranza nuova. Per questo c’è bisogno di tutte le forze politiche; speriamo che nessuno, neppure il M5S, si tiri indietro».
E contrasti e litigi non si consumano solo nelle aule parlamentari ma attraversano anche le mura domestiche. Il 30 per cento dei matrimoni in Italia è minato da conflitti interni alla coppia, luogo di Litigi, desideri e sentimenti. Osserva Emanuela Megli a pag. 68: «I contrasti nascono prevalentemente da una scarsa conoscenza delle differenze di genere, che portano uomini e donne ad amarsi e dimostrarsi i sentimenti in modo differente. L’uomo ama dimostrando il suo valore, le sue capacità professionali e pratiche, senza chiedere aiuto e in piena autosufficienza. La donna, invece, ama mettendo a frutto le sue doti di cura, accoglienza e valorizzazione del rapporto, anche mediante la comunicazione, la vita a due, la condivisione degli obiettivi. In certi casi le differenze tra i sessi possono portare a covare aspettative che vengono disattese perché non rivelate».
Secondo l’Istat, in Italia i matrimoni durano in media non più di 15 anni. Nel 2012 ci sono state più di 300 separazioni per ogni mille matrimoni. Perché si ha paura di fare il grande passo e di dire: Scommetto su di te? Aurelio Molè cerca le risposte a pag. 8 indagando sul calo dei matrimonio e sul parallelo aumento delle convivenze. Le ragioni dell’istituto matrimoniale vengono scandagliate anche sul versante storico a partire dal codice di Hammurabi del 1750 a.C. per arrivare al diritto romano. Dei valori tipici della Rivoluzione francese, la libertà è vissuta come libertà di contrarre matrimonio, [..] l’uguaglianza esiste nel campo della patria potestà tra padre e madre e tra figli legittimi e illegittimi, [… mentre] la fraternità è la grande assente: si parla di rispetto, ma non di cura, sostegno, responsabilità dell’altro come altro sé. […Eppure la fraternità] potrebbe aiutare a creare le condizioni per unioni più stabili, «per un impegno quotidiano fatto di amore, dono, perdono e sacrificio».
È La normalità del bene, come quello realizzato quotidianamente dal Sermig, raccontato da Michele Genisio a pag. 52: «Ernesto Olivero ama chiamarlo “monastero metropolitano” quell’edificio che sta lì, in mezzo a quel quartiere, e che da anni ospita l’opera da lui fondata, il Sermig, Servizio missionario giovani. Che si chiama anche Arsenale della Pace. Perché una volta, proprio in questi edifici, il regno sabaudo teneva un grande arsenale, dove si costruivano e sperimentavano armamenti. Oggi, in uno dei forni dove veniva fuso il metallo per fare fucili, c’è il tabernacolo della cappella, centro pulsante del nuovo Arsenale. Quello dove si fanno prove di pace. Di solidarietà e di speranza. Dove si accolgono malati, sofferenti, emarginati, dove si dà spazio ai giovani».
Normale, ma controcorrente, è La scelta di Elena, proposta da Marco Catalano a pag. 56: ventitreenne, ritenuta una delle promesse del basket statunitense, terminato il liceo è stata scelta dall’Università del Connecticut che vanta la migliore formazione americana di basket universitario femminile. «Lei in un primo momento ha accettato, ma dopo soli due giorni ha fatto le valigie ed è tornata a casa [dove] vive la sorella maggiore, Lizzie, […] cieca, sorda, e con una grave forma di paralisi cerebrale. Così Elena si è iscritta all’Università del Deleware, distante solo quindici minuti da casa. “È bastato poco per capire che il mio successo nel basket rischiava di allontanarci”. Oggi Elena gioca tra le fila delle “Galline blu” dell’Università del Delegare, una modesta squadra di provincia. “Certo, in questi anni avrei potuto vincere molto, ma non ho rimpianti”».
«Tutti siamo grandi sportivi con la lingua – scrive Costanzo Donegana a pag. 44: nel lamentarci, nel criticare, nel dare consigli, nell’esibirci […]. L’antidoto al lamentarsi è “fare”, per amore. Il marciapiede fuori della casa di un mio amico era in cattive condizioni e il comune non faceva niente per aggiustarlo nonostante i reclami suoi e dei vicini. L’amico si è messo d’accordo con loro e l’hanno riparato. […] Il male, i problemi possono essere affrontati e superati. Cominciando da noi».
Sarà «una rinascita che può ripetersi ogni giorno in ognuno di noi – scrive Sara Fornaro a pag. 30 accompagnando la foto primaverile di un campo di colza in fiore – se scegliamo di “passare oltre” i nostri limiti, i fallimenti, le delusioni. Chi supera la “morte”, sceglie la vita. E allora che sia una vita diversa, rinnovata, per puntare sulla speranza e scommettere ancora su chi ci sta accanto». Che sia questa la nostra Pasqua. Auguri!