Segni tra le pagine

Dall'ampio primpo piano dedicato ad un bilancio del pontificato di Benedetto XVI, con contributi di Luigino Bruni, Piero Coda e Roberto Catalano, allo speciale "Chiara Lubich 5 anni dopo", con le riflessioni di Maria Voce e Giancarlo Faletti, presidente e copresidente dei Focolari, mentre Iole Mucciconi propone un'analisi della difficile situazione politica all'indomani delle elezioni
Copertina CIttà Nuova numero 5/2013

La copertina del quinto numero di Città Nuova accosta il titolo “Sede vacante” al logo del Consiglio dei ministri della repubblica italiana: la ragione di questa associazione mentale che tutti noi in questi giorni abbiamo fatto è ben espressa nel Punto da Michele Zanzucchi: «Non ci siamo ancora rimessi dalla “grande rinuncia” di Benedetto XVI che la lunga notte delle elezioni ci ha lasciati con un altro vuoto, politico questa volta, difficilmente colmabile». Ma non sono tempi per lasciarsi andare a sentimenti di orrore di fronte all’abisso. Continua il direttore: «Il momento del vuoto ci richiede di fermarci di fronte al precipizio, cercare di capire (assieme!) perché quel vuoto s’è creato e poi industriarsi per trovare le soluzioni giuste per passare dall’altra parte del baratro. Magari scendendo nell’abisso aiutandoci gli uni gli altri, in cordata, perché un ponte è impossibile da costruire. Con coraggio, senza scoramenti, nella fiducia e nell’ascolto».

Al Grande rebus delle elezioni politiche è dedicato l’approfondimento di Mucciconi a pagina 8: «Le urne hanno immortalato in una sorta di fotogramma di cui ora, a caldo, si vede il negativo, il malessere, la protesta, la voglia di cambiare degli italiani». Appare dunque molto gravoso il compito del presidente Napolitano «a meno che i vecchi partiti, usciti ammuffiti dall’impatto con i neofiti del Movimento 5 Stelle, non facciano di necessità virtù e non diano corpo, essi per primi, alle istanze più riformiste del nuovo movimento, a cominciare da segnali concreti nei confronti della classe politica e dei suoi eccessi. Potrebbe essere proprio l’opposizione, restando tale, a tenere in vita il prossimo esecutivo e ad assicurarne l’incisività di governo».

Certamente prima che un nuovo governo, avremo un nuovo papa. Ma un primo bilancio del pontificato appena concluso viene offerto dallo speciale curato da Paolo Lòriga a pagina 10 dal titolo Benedetto XVI, un’eredità vivente, che raccoglie diversi contributi. Luigino Bruni, economista, richiama l’impatto delle encicliche sull’economia: «Papa Ratzinger non ha solo detto che l’amore-charitas è il principio dell’autentica socialità, ha anche ripetuto tante volte in molti modi che questo amore (e non un altro) è anche principio economico. Una rivoluzione culturale di enorme portata che si comprenderà solo in futuro». Roberto Catalano, esperto nel dialogo tra le religioni, evidenzia come negli ultimi tempi la riflessione del papa si è posata sempre più spesso sul tema dialogo [sottolineando] che «ambedue le parti, avvicinandosi passo passo alla verità, (…) sono in cammino verso una più grande condivisione, che si fonda sull’unità della verità». Nessuno, infatti, può vantare di possederla. Piuttosto «è la Verità a possedere noi». Il teologo Piero Coda ricorda infine il più importante invito del pontefice oggi emerito: «Vivere l’amore e in questo modo far entrare la luce di Dio nel mondo».

C’è chi si sforza a far entrare la luce di Dio nel mondo, specie laddove la guerra oscura l’orizzonte. Tra questi c’è Alberto Capannini, 46 anni, riminese, sposato con tre figli: la sua storia, L’amore è nero, è raccolta da Aurelio Molè a pagina 24: «Si è scelto un mestiere non facile: “abita i conflitti”. Si trasferisce nei luoghi dove ci sono guerre in corso per abbassare l’odio, proteggere la gente, fermare i combattimenti senza usare la forza». Nel 1992 con altri volontari e obiettori di coscienza raggiunge i campi profughi della ex Iugoslavia; e poi Sierra Leone, Cecenia, Timor Est, l’Uganda, la Sierra Leone, il Congo, il Sudafrica, il Chiapas e, oggi, Palestina, Albania, Colombia. Con lui altri «centoventi volontari di tutte le religioni, credenti e non credenti, vivono in mezzo alla gente nei posti a rischio. Svolgono un lavoro di protezione e accompagnamento, si conquistano la fiducia delle popolazioni locali e mediano nelle tensioni che si creano tra le parti in lotta […]. Si curano le ferite con dei percorsi in cui è possibile elaborare il proprio dolore, elaborarlo e guarirlo. Perché la vittoria è riumanizzare il nemico,“allearti con le parti positive dell’altro. A costo della tua sofferenza”».

La grande foto alle pagine 28-29 ci porta in Mali e mostra un altro scenario di guerra con un ragazzo che cerca riparo dai proiettili in una locale stazione di polizia. E diretti come proiettili sono gli interrogativi posti da padre Giulio Albanese e raccolti da Elena d’Angelo: «In Mali dietro i gruppi jiahdisti ci sono gli ultimi mercenari che erano al soldo di Gheddafi. Perché non è stato distrutto il loro arsenale dopo la caduta del regime? Quali iniziative diplomatiche ha davvero messo in cantiere l’Europa per promuovere le relazioni con l’Africa in materia di sviluppo, commercio, cooperazione? Un esame di coscienza dovremmo farlo tutti».

C’è bisogno di Oasi dove si tocca il divino, come è ribadito a pag. 36 da Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, nel quinto anniversario della morte di Chiara Lubich: «Sempre più prendiamo coscienza che è questa l’attualità e la profezia più preziosa da lei lasciata per la società la nostra responsabilità più grande: offrire “oasi dove si tocca il divino”. Nell’attuale cambiamento epocale, le sfide sono tali che tutti avvertiamo il bisogno, più dell’aria che respiriamo, di essere immersi nel divino, in quell’alta contemplazione in cui Chiara vedeva “la grande attrattiva del tempo presente e di tutti i tempi” […].  E perché, “fatti partecipi dei disegni di Dio sull’umanità”, possiamo tracciare “disegni di luce” e mostrare che non andiamo verso l’ignoto, ma che in questa sofferta gestazione, di cui tutti siamo chiamati ad essere protagonisti, c’è un piano che si va progressivamente attuando: è un mondo nuovo, un mondo unito».

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