Segni tra le pagine

Dagli articoli sulla rinuncia di papa Benedetto XVI al reportage su Foggia, dall'intervista ad Enzo Bianchi alla storia di una immigrata di successo, un nuovo numero della rivista tutto da scoprire
Copertina del numero 4/2013 della rivista Città Nuova.

Cittadini sovrani, un giorno non basta: le considerazioni di Paolo Lòriga sul “Punto” che apre il 4° numero di Città Nuova andato in stampa prima del voto, ci accompagnano anche in questi convulsi e difficili giorni che ci separano dalla convocazione del nuovo Parlamento: «La nuova legislatura potrebbe costituire la grande opportunità per cittadini e gruppi della società civile di accompagnare ed esigere da eletti e partiti quelle novità legislative che possono consegnare al Paese regole di una democrazia compiuta e assicurare la ri-legittimazione della classe politica. Si tratta di stabilire quasi un Patto (non un contratto) tra elettori e prossimi legislatori per cinque anni, come propone il Movimento politico per l’unità. Insomma, il Paese che interpella il Palazzo».

Sembra che sia arrivato il tempo: Adesso bisogna osare, così è intitolata l’intervista di Lòriga a Enzo Bianchi, fondatore della comunità di Bose, pubblicata a pagina 20: «Sono un cristiano generato dal Concilio. Io devo tutto al Vaticano II. Anche perché so – avevo allora vent’anni – come era prima la Chiesa […]. C’è bisogno essenzialmente di due cose: la prima è la comunione nella Chiesa. La seconda è quella su cui dobbiamo imparare con molta serietà: il dialogo. Noi abbiamo iniziato il dialogo, poi abbiamo avuto paura. Sono stati commessi errori e ingenuità, ma rendiamoci conto che siamo appena usciti dall’età della pietra e non sappiamo ancora dialogare. Nonostante ciò urge dialogare: dialogare con gli uomini, dialogare tra cristiani, dialogare tra persone appartenenti a diverse spiritualità e religioni. Senza dialogo non c’è la pace nel futuro dell’umanità».

Capace di dialogo è «Reyna Victoria Terrones Castro, lineamenti andini in un volto dolce, è arrivata in Italia in un modo, per usare un eufemismo, rocambolesco». La storia di questa donna, Ieri clandestina, oggi imprenditrice, è raccontata da Aurelio Molè a pagina 24:«Fugge dal Perù nel 1993, con la figlia undicenne, per un’insostenibile situazione familiare». Grazie alla sanatoria che nel 1996 le ha consentito di regolarizzare la sua posizione in Italia Reyna, che ha vinto recentemente il Premio MoneyGram per l’imprenditoria immigrata, nel 2004 ha fondato la cooperativa sociale Queens Service che conta 23 soci lavoratori. «Il campo di attività è nel riciclo dei rifiuti dove impiega rom, immigrati, rifugiati (“anche italiani perché non siamo razzisti”), riscattandoli socialmente e integrandoli nella società e nel mondo del lavoro».

Trenta donne artefici di speranza vivono nel villaggio di Mai Edaga in Eritrea: qui si vive con meno di un dollaro al giorno sotto la costante minaccia della siccità e della carestia. Grazie a un progetto dell’A.M.U. in collaborazione con la comunità locale delle suore del “Buon samaritano”, si punta a migliorare le condizioni di vita di 200 persone del villaggio coinvolgendo proprio una trentina di donne. Come? Lo spiega Tomaso Comazzi a pagina 34: «Attraverso l’acquisto di 50 pecore, dieci donne hanno potuto avviare altrettanti piccoli allevamenti; con l’acquisto di dieci asini, altre donne possono prelevare l’acqua dal pozzo del villaggio e commerciarla negli abitati che ne sono sprovvisti; dieci donne, infine, hanno ricevuto in dotazione il terreno di un ettaro e mezzo, coltivabile a cereali ed ortaggi […]. Ci dice suor Pina Tulino, responsabile del progetto: «In Occidente ci sono persone che si tolgono la vita a causa della crisi economica, perché per loro se crolla il benessere, crolla tutto. Qui non è così. La povertà di questa gente è sopportabile perché è compensata da valori fortissimi: la famiglia, i figli, l’amore per la loro terra, per il loro clan. Quando entro in una capanna, l’accoglienza è tale da non far pesare la povertà. È tenace la loro voglia di vivere, la loro speranza nel futuro, la fiducia che pongono nei bambini, che potranno costruire un Paese migliore».

Persone impegnate a costruire un paese migliore le ha trovate in Italia Maddalena Maltese. Nel reportage Non fuggire da Foggia a pag. 46 la giornalista ha cercato le ragioni per cui vale la pena restare in una città che la classifica de Il Sole 24 Ore ha inserito al 101° posto per qualità di vita. In questa città operano, ad esempio, “I fratelli della stazione” un gruppo di giovani che da più di dieci anni «offre un ristoro caldo a chi ha fatto dei vagoni ferroviari e delle panche della sala d’attesa il suo letto e la sua casa». Nel centro pugliese è attiva anche la comunità “Emmaus” «che prova a riparare i buchi e le brecce nella vita di tanti giovani ammaliati da droga e alcol. Le rughe di don Michele, 92 anni, salesiano, sembrano contenere tutte queste esistenze: più di ottocento quelle salvate dalla morte e dalla criminalità: Questo è un luogo di riconciliazione, senza pregiudizi, dove restituiamo alle persone la dignità e la bellezza della loro unicità. Si sono sentiti respinti e noi li accogliamo».

L’ultimo segno non lo poniamo tra le pagine ma sulla copertina della rivista dedicata a papa Benedetto XVI. Scrive Piero Coda a pagina 6, commentando Un gesto d’amore che farà storia: «Lo stupore che proviamo, dunque, si apre alla gratitudine per l’umiltà e il coraggio di un atto di amore che farà storia. E che, facendoci tutti sentire come mai vicini al cuore di Benedetto XVI, ci fa sentire anche più vicini gli uni agli altri sui sentieri di luce, di speranza e di servizio tracciati dal Concilio Vaticano II. Così che possiamo far nostre, in questa nuova tappa del cammino della Chiesa, le parole con cui egli chiudeva, quel 19 aprile del 2005, il suo primo saluto: “Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto permanente, andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria sua Santissima Madre starà dalla nostra parte. Grazie”. Grazie anche a te, papa Benedetto!».

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