Segni tra le pagine

Alla scoperta del numero 21 della rivista Città Nuova: dal Primo piano sulla Nuova evangelizzazione di Aurora Nicosia al reportage su Taranto e l'Ilva di Carlo Cefaloni, dall'esperienza di un lavoratore roma alle parole di Martin Buber riportate da Maria Voce, presidente dei Focolari
Branco Savic

Anch’io da piccolo vendevo rose: è il titolo dell’intervista di Oreste Palliotti a Branco Savic (nella foto), pubblicata a pagina 38 del n° 21 di Città Nuova. «Settimo di undici figli di genitori serbi di Belgrado, emigrati nel nostro Paese circa quarant’anni fa, […] da sempre residente in Italia e con un figlio italiano». Branco, che è riconoscente per l’aiuto ricevuto dalla Comunità di Sant’Egidio, ora lavora in un ristorante romano. «Quante volte mi hanno sbattuto la porta in faccia – confessa – quando ho detto che ero un rom. […] Oggi io lavoro dieci ore al giorno, pago le tasse, vivo in un appartamento vicino San Pietro con mia moglie». Alla domanda di Palliotti su come favorire l’integrazione, risponde senza esitare: «Conoscendoci meglio».

Conoscenza e integrazione non facili. «"Noi in moschea non ci andiamo, abbiamo paura": è stata questa la reazione sconcertante dei ragazzi di una classe di Parma alla proposta di visitare con la scuola luoghi di culto di diverse confessioni». A questa «reazione inattesa» è dedicato l’editoriale di Anna Granata a pagina 7: «Siamo a un livello ancora più profondo e sottile di esclusione dell’altro, ritenuto talmente distante da non meritare interesse e curiosità, ma da suscitare invece diffidenza e paura».

Eppure «le creature sono state poste sul mio cammino perché io, creatura come loro, attraverso e insieme a loro trovi Dio»: suonano estremamente attuali le parole scritte da Martin Buber oltre cinquanta anni or sono e riportate da Maria Voce a pagina 42 nella conversazione dal titolo Figli d’un solo Padre, fratelli tra noi: «Chiara ci invita […] a puntare sempre lo sguardo nell’unico Padre di tanti figli. Poi guardare tutte le creature come figlie dell’unico Padre».

Temi questi non estranei al recente Sinodo sulla nuova evangelizzazione al quale è dedicato il Primo piano di Aurora Nicosia a pagina 8: «È una chiesa che  […] comprende sempre più l’importanza di farsi vicina». Ha detto mons. Yves Patenôtre, citando il card. Suhard: «Non si tratta di costringere il mondo a entrare nella Chiesa così come essa è, bensì di fare una Chiesa capace di accogliere il mondo così come esso è».

Un mondo che si accoglie condividendone le ansie e i drammi, come quelli oggi vissuti dagli operai del Sulcis in Sardegna e dai cittadini di Taranto. Andrea Ponta a pagina 18 presenta l’Alcoa questione nazionale: «Nell’ultimo anno di piena attività, il 2008, la filiera dell’alluminio di Portovesme ha assorbito oltre 2500 GWh di energia elettrica, pari al 22% del totale dei consumi elettrici sella Sardegna. […] È questione di buona volontà e di definire un progetto industriale solido, con il contributo di tutti, senza aspettarsi miracoli».

Al dramma di Taranto è dedicato il documentato reportage di Carlo Cefaloni a pagina 46: «I dati ufficiali […] dimostrano la presenza a Taranto nel 2006 del 91,5 per cento dell’intera diossina prodotta a livello nazionale». Cataldo Ranieri, portavoce del movimento dei “cittadini e lavoratori liberi e pensanti” afferma: «Si gioca una lotta tra poveri, mentre dovremmo avere una città compatta che si difende dall’avvelenamento». «Dentro le divisioni che la vicenda tarantina non può non generare – conclude Cefaloni – si percepisce un desiderio diffuso di unità da ritrovare».

Unità: la grande aspirazione del patriarca ortodosso Atenagora I, di cui ricorrono i quarant’anni dalla morte. Gianfranco Restelli ha selezionato a pagina 34 alcune risposte tratte da un’ intervista, pubblicata da Città Nuova nel 1972, nella quale Chiara Lubich ricordava il  patriarca – Personificazione dell’amore – col quale aveva avuto contatti profondi: «Nella parete della chiesa ortodossa di fronte alla sua abitazione vi era un’icona di Maria: m’ha confidato che a notte tarda andava ad accendervi davanti due candele: una per sé e una per il papa: “Perché se è una madre, non può avere i figli divisi”».

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