Segni tra le pagine
È tempo di esami. Ma «all’età in cui i nostri figli si preparano all’esame di maturità, la figlia di Jacques e Isabelle Darc, una ragazza da noi conosciuta come Giovanna D’Arco, si preparava a salire sul rogo». Proviamo a mettere alcuni segni fra le pagine del numero 12 di “Città Nuova”, lasciandoci suggestionare dalle tre lezioni che Michele Genisio ricava dalle breve vita di Johanne, la “pulzella di Orléans” di cui ricorre il 600° anniversario della nascita (pag. 68-70).
«La prima: la guerra. Giovanna sentiva che la sua fede la portava non a stare chiusa in sé stessa, ma all’azione politica, a sporcarsi le mani». Stefano Comazzi, a pag. 44, racconta la storia di João Bosco, un imprenditore brasiliano che si è “sporcato le mani” realizzando nel 2008 un’attività di produzione artigianale di borse che offre formazione professionale e lavoro a «ragazzi di strada, giovani delle favelas, membri di bande […]. Oggi sono 12 le ragazze e i ragazzi provenienti da situazioni di grave emarginazione, che lavorano in una nuova impresa nata da questa esperienza […]. Ma i veri “beni” generati da questa esperienza sono la diffusione di uno stile di vita positivo e fraterno […]. Sono beni che si sono moltiplicati […] rigenerando il tessuto sociale degradato dal quale molti di questi giovani provenivano».
Sempre dal Brasile giunge il reportage, a pag. 46, di Costanzo Donegana, “I mille volti di San Paolo”: «Uno dei sistemi più interessanti di socializzazione è il mutirão, che viene dalla cultura indigena: tre-quattro famiglie si uniscono e si costruiscono le loro case, mettendo in comune il materiale e la mano d’opera. In questo modo, nella favela “Pedreira” gli abitanti, affiancati da giovani del Movimento dei focolari, hanno trasformato in case 160 baracche di legno».
Prosegue Michele Genisio su Giovanna d’Arco: «Seconda lezione: il mistero della Chiesa. Benedetto XVI spiega: “Il processo [di Giovanna] è una pagina sconvolgente della storia della santità e anche una pagina illuminante sul mistero della Chiesa, che, secondo le parole del Concilio Vaticano II, è allo stesso tempo santa e sempre bisognosa di purificazione” […]. Giovanna mai smise d’amare la Chiesa, anche mentre la stava condannando, perché era convinta fino al midollo che «è un tutt’uno Nostro Signore e la Chiesa».
Lo stesso amore per la Chiesa traspare dalle parole scelte da Michele Zanzucchi nell’articolo a pag. 17 “Gioco pesante e aperture”, in cui riflette sulle recenti vicende che hanno scosso le mura Vaticane: «A 50 anni dal Concilio Vaticano II, serve quindi un forte impegno per rendere la doppia realtà della Chiesa indicata dalla Lumen Gentium, quella visibile e quella spirituale, non contraddittoria. Visibilità trasparente e spiritualità evidente, verrebbe da auspicare per la Chiesa».
L’articolo di Genisio sulla Patrona di Francia si conclude con la terza lezione, «la fedeltà alla coscienza. Giovanna durante la prigionia e il processo poteva rinnegare le sue idee. Invece si mostrò ostinatamente cocciuta, andando così incontro alla morte. Ella, che amava immensamente la Chiesa, non cedette di fronte alle pressioni degli ecclesiasti. Non tradì la sua coscienza. […]. Era consapevole che la coscienza è lo spazio in cui Dio abita nella persona».
Semplicemente “Insegnanti e non eroi”, sono invece i tanti operatori della scuola italiana i quali, pur traditi da riforme e tagli, per passione e fedeltà alla propria coscienza, superando la tentazione del “Chi me lo fa fare?”, formano i nostri ragazzi perché possano affrontare un domani non facile. A loro è dedicato l’informato primo piano di Maddalena Maltese (alle pagine 4-8) dove si riporta la netta considerazione del pedagogista Michele De Beni: «Un governo che consente il frastagliamento dell’educazione scolastica non ha a cuore i suoi educatori e il suo futuro». Nel box intitolato “Missionari in cattedra”, il filosofo Adriano Fabris riconosce che «se c’è una categoria di persone che in Italia, negli ultimi decenni, abbiamo lasciato sole, questa è la categoria degli insegnanti».
Giovanna d’Arco, conclude Genisio rievocandone la figura, «aveva dentro di sé la certezza della fedeltà a Dio, del suo amore a Gesù che, tra le fiamme del rogo, fissava crocefisso […]. Sono armi che piegano il mondo, che rovesciano i potenti, che scrivono la storia o che la fanno riscrivere».