Segni tra le pagine

Sul nuovo numero Aurelio Molè, inviato a Bruxelles per partecipare a "Insieme per l'Europa", racconta i momenti salienti della manifestazione. E poi tante esperienze di solidarietà e l'invito a reagire alla violenza e allo sconforto con unità e forza
Città Nuova n. 10

“Uniti o finiti”, titola il decimo numero della nostra rivista. Tra le tristi e spesso brutali pieghe della cronaca che ha raccontato il tragico weekend italiano del 19-20 maggio, con l’attentato di Brindisi e il terremoto in Emilia, Michele Zanzucchi – nella rubrica “Il Punto” – riesce a vedere che «di fronte alle ferite di segno diverso della nostra Italia in crisi […] la risposta degli italiani è stata chiara: il bene comune ci unisce al di là della violenza. Anzi, quando la violenza colpisce, la risposta della solidarietà umana diventa più forte ancora».
 
È la stessa forte risposta che ha caratterizzato gli inizi del Movimento dei focolari a Trento durante la Seconda guerra mondiale, raccontata da Graziella De Luca a pagina 44; ricordando i numerosi poveri che si incontravano in città, così  rievoca l’ardore di quei tempi: «Li cercavamo come tanti gioielli e di ognuno di loro annotavamo nome e indirizzo per poterli andare a trovare. Volevamo raggiungere tutti i poveri della città, non per compiere atti di carità, ma perché sentissero di aver trovato qualcuno che li valorizzava e li amava».
 
È anche l’esperienza di Annibale e Angelina Avagliano, di Cava dei Tirreni, coniugi dalla straordinaria fecondità spirituale, benché privi di figli naturali. La loro storia è raccolta da Gianfranco Restelli a pag. 36: «Bussavano alla nostra porta […] spinti dalle più svariate necessità. Ci sembrava, a volte, di trovarci in un albergo, tale era il viavai di giovani madri con i loro bambini, di ragazzi drogati, di persone d’ogni tipo col proprio fardello. A tutti cercavamo di dare un sostegno materiale e spirituale così come ne eravamo capaci».
 
Qualcosa che forse manca a chi arriva oggi al gesto estremo di togliersi la vita a causa di problemi economici. Ezio Aceti, nell’articolo “Dietro i suicidi per crisi”, individua le cause del fenomeno in tre fattori: la fragilità dell’uomo contemporaneo, la disaffezione alla comunità e l’incoerenza di chi dirige. «È necessario ritornare alle relazioni vere, all’ascolto reciproco, alla volontà di camminare insieme, riconoscendo non solo l’alterità dell’altro, ma l’alterità che abita ciascuno di noi nello svolgersi del tempo e nel mutamento dei luoghi. Allora occorre rialzarsi con coraggio, certi che solo insieme ce la faremo».
 
È quanto hanno ribadito nel recente incontro di Bruxelles i rappresentanti di centinaia di Chiese e movimenti cristiani radunati per la terza edizione di “Insieme per l’Europa”. Riferisce l’inviato Aurelio Molè nel “Primo piano” a pagina 4: «Nel suo discorso di apertura, Maria Voce, presidente dei Focolari, ha messo in luce […] un nuovo modo di vedere l’Europa come casa comune dei popoli e delle minoranze europee […]. Occorre intensificare il rapporto con ogni persona che ci passa accanto, fondandolo sul Vangelo». Le ha fatto eco Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio: «Si deve rigenerare un clima di simpatia e di solidarietà, un senso del destino comune deve risorgere, reti sociali devono rinascere. Così la cultura dell’unità, vissuta, pensata, comunicata, può rigenerare il tessuto comunitario della nostra Europa».
 
Questione di fede, di cuore, ma anche di intelligenza. Avverte il pedagogista Michele De Beni nel suo editoriale: «È evidente che, per una così complessa rete di dati, l’intelligenza personale non basta. Serve una “intelligenza collaborativa”, capace di scambiare informazioni, confrontare punti di vista diversi, risolvere problemi in gruppo. […] Dalla crisi o si esce insieme o non si salva nessuno!».
 
Ci credono le famiglie che si ritroveranno a Milano per il prossimo Incontro mondiale. Il fervido clima della vigilia si coglie nella lettura dell’articolo di Silvano Gianti a pagina 30: «C’è attesa, desiderio di incontrarsi, di aprirsi, per conoscere le ricchezze che le famiglie in arrivo dai continenti doneranno alla nostra società. […] “La sfida oggi è di testimoniare la bellezza della vita familiare e insieme di sostenere il lavoro e l’impresa”. Così la pensa don Walter Magnoni, responsabile del Servizio per la pastorale sociale e del lavoro di Milano. C’è bisogno insomma di un segnale forte per rigenerare comunità e per ricostruire il Paese anche attraverso le famiglie».
 
E i giovani non stanno a guardare. Anche in loro c’è un amore appassionato per l’Italia. Roberto Mazzarella dà conto, nell’articolo a pagina 32, “La legalità, un fattore di crescita”, di un  progetto portato avanti in Sicilia dai Ragazzi per l’unità culminato nella redazione di un appello distribuito ai coetanei giunti a Palermo con le navi della legalità. Uno di loro ha scritto: «Tolgo spazio alla mafia: quando rifiuto le raccomandazioni; quando coltivo l’interesse per la mia città; quando ogni giorno cerco di comprenderne i problemi, capire i suoi bisogni, conoscere le sue risorse; quando lotto a fianco alle vittime di bullismo; quando non accetto scorciatoie; quando non accetto compromessi con la mia coscienza; quando invece di cedere alla tentazione della vendetta, troviamo il coraggio di perdonare, il coraggio di amare».

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