Segni fra le pagine

Una selezione di articoli per apprezzare ancora meglio l'ultimo numero della rivista Città Nuova edizione cartacea e digitale. Primo piano sui festeggiamenti per il settantesimo compleanno del Movimento dei Focolari, le ultime notizie sulle Filippine e gli amici interessanti di Angiolino
Copertina numero 22 di Città Nuova

“Un tifone di solidarietà”: è ciò che ha accompagnato e seguito il passaggio nelle Filippine del devastante tifone Haiyan, a cui è dedicata la copertina del n° 22 di Città Nuova. Annota il direttore nel Il Punto a pagina 3: «Serve infatti cura per le vittime, subito, senza aspettare, mettendo in moto la generosità degli Stati e dei singoli, nel mondo intero, senza confini e senza gelosie. Serve poi la cura della natura: l’equilibrio è stato rotto per mano dell’uomo, non si può non tenerne conto e cambiare i nostri comportamenti prima che sia troppo tardi (se non lo è già). Serve cura per quella parte di noi che ci ricorda la nostra finitezza: così riusciremo anche a capire che la nostra presunta onnipotenza non è quella delle armi o della tecnologia, ma quella della “cura”, dell’amore».

Una cura d’amore che Angiolino Lucchetti, bergamasco, ha imparato a donare nelle varie città dove ha vissuto nei suoi settantacinque anni. Da qualche tempo si trova a Roma: «Sfruttando le passeggiate quotidiane – spiega – con semplicità ho cominciato a far conoscenza con chi mi capitava a tiro, a cominciare dai negozianti, dal fioraio, dal barista, dal giornalaio. Ma soprattutto con tanti poveri che chiedono l’elemosina». Alcuni di questi episodi sono rievocati da Oreste Paliotti nell’articolo a pagina 36 Il piede di San Pietro che si conclude con una considerazione del protagonista: «Vivere così è un investimento: per esempio, certe volte esco di casa chiuso in me stesso, un po’ appesantito per qualche problema personale, ma basta adocchiare uno dei miei amici poveri per dirmi: coraggio, Angiolino, dai, esci fuori da te stesso, fagli un sorriso… E, dimenticandomi di me, ritorno libero e contento».

Si tratta di Uscire fuori, come ricorda Aurelio Molè nell’articolo a pagina 20 dedicato all’anno della fede recentemente conclusosi, nel quale papa Francesco ha esortato a“uscire da se stessi” e ad  “andare controcorrente”. Ciò andrebbe fatto attraverso due azioni da condurre insieme: «L’incontro con Gesù nella preghiera e andare verso gli altri e le periferie esistenziali, qualsiasi esse siano, per parlare con tutta la vita. Non servono grandi imprese, ma “la coerenza della vita”, “facendo le cose di tutti i giorni, mettendo in tutto il sale e il lievito della fede”, precisa Francesco».

È La novità di un sì antico, come è richiamato a pagina 8 dal titolo del primo piano di Aurora Nicosia dedicato al settantesimo anniversario della nascita del Movimento dei Focolari che, secondo il sociologo belga Benne Callebaut, innesta nella Chiesa «una spiritualità che privilegia il tema del rapporto di comunione». Per Salvatore Abruzzese, ordinario alla facoltà di sociologia di Trento, «i Focolari giocano un ruolo profetico, portano avanti un’idea  forte anche quando il mondo circostante sembra andare nella direzione opposta. Probabilmente mai come in questo momento il loro apporto al dialogo diventa necessario». Eppure la fondatrice dei focolari, Chiara Lubich, sosteneva che «la penna non sa quello che dovrà scrivere, il pennello non sa quello che dovrà dipingere e lo scalpello non sa ciò che dovrà scolpire. Quando Dio prende in mano una creatura per far sorgere nella Chiesa qualche sua opera, la persona scelta non sa quello che dovrà fare. È uno strumento. E questo, penso, può essere il caso mio». Osserva Aurora Nicosia: «E così da Chiara Lubich, semplice strumento nelle mani di Dio, è nato un Movimento cattolico ma non solo, cristiano ma non solo, che oggi sembra sia il più diffuso nel mondo».

Ultimo riconoscimento di questa preziosa opera di dialogo, diffusa in tutto il mondo, è l’assegnazione del premio Mount Zion per la riconciliazione a Margaret Karram, cristiana palestinese delegata dei Focolari per la Terra Santa, e a Yisca Varani, ebraica osservante di Gerusalemme: così scrive Roberto Catalano a pagina 30 nell’articolo Palestinese e Israeliana: «Due mondi, nella loro terra, lontani anni luce, che si sfiorano, spesso scontrandosi. Margaret ed Yisca da anni sono impegnate a stabilire rapporti di fiducia e di speranza, entrambe convinte della possibilità del dialogo fra persone di culture e fedi diverse». «Il vero dialogo – sostiene Margaret Karram – ci porta a conoscere meglio noi stessi e a scoprire la bellezza e i tesori degli altri. Ci sprona a vivere la “regola d’oro” che esiste in tante delle grandi religioni. Il dialogo sincero ci fa amare la patria altrui come la propria, come ha auspicato e insegnato Chiara Lubich. Quale migliore soluzione per la pace in Medio Oriente? È una sfida».

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