Segni fra le pagine
Sfogliamo insieme l'ultimo numero di Città Nuova: la tassazione delle transazioni finanziarie, la solidarietà dell'associazione di Mondonico "L'approdo" tra gli argomenti trattati
È confortante leggere il 2° numero del 2012 di Città Nuova guidati dalle riflessioni di Piero Coda a pag.51: «Lo sguardo positivo e responsabilizzante di Dio nei confronti di ciascuno, e di tutti noi insieme, dà il “la” a ogni cosa. […]Di qui, con piena fiducia e affidamento senza “se” e senza “ma”, bisogna partire ogni volta e sempre di nuovo. […] È di questa fiducia operante che tutti oggi abbiamo estremo bisogno». Specialmente quando la realtà domanda «di lavorare duro e di sporcarsi le mani nei cantieri piccoli o grandi che siano della storia. Quella storia che è storia nostra e storia di Dio con gli uomini».
Grande e importante cantiere è quello aperto in Parlamento italiano chiamato, “Se non ora quando?” come titola l’articolo di Iole Mucciconi a pag.16, a «fare fino in fondo il suo lavoro di legislatore, producendo le larghe intese su quelle leggi necessarie per riavviare il sistema istituzionale: le riforme costituzionali e la legge elettorale[…]. L’Italia potrebbe ripartire davvero e il Parlamento della XVI legislatura sarebbe ricordato per questo grande servizio».
Pure le istituzioni europee sono chiamate a svolgere un grande servizio in un momento in cui la moneta comune è in affanno. Luigino Bruni, in uno dei tre editoriali dedicati alla crisi dell’euro, scrive: «Ma è ancora più urgente che l’Europa mostri più coraggio e più forza di pensiero, iniziando una nuova stagione dell’economia di mercato: ridimensionare il peso eccessivo della finanza nel mondo e generare un nuovo modello di sviluppo dove il mercato non domini il mondo ma sia a servizio del bene comune».
Da qui l’acceso dibattito sulla necessità di porre “Un freno alla speculazione”: questo il titolo del servizio in cui Carlo Cefaloni a pag.20 presenta la ormai nota “Tobin tax” con il contributo sul tema di alcune redazioni di Città Nuova nel mondo. Alberto Barlocci da Buenos Aires segnala come i governi sudamericani si siano «dichiarati a favore della tassazione dell’attività finanziaria», mentre da Parigi Bruno Garoche riporta che «una tassa “alla Tobin” non è necessariamente una buona notizia se i proventi sono destinati a sostenere artificialmente un sistema finanziario in piena crisi strutturale». Le perplessità del governo di Londra sono espresse da Frank Johnson:«Quello che è chiaro è che nessun sistema, nessuna Tobin tax o simili, potrà funzionare a meno che non ci sia un accordo globale. Questa è la vera sfida per i governi di tutto il mondo».
Anche gli italiani lo hanno capito. Lo evidenzia Claudia di Lorenzi a pag.72: «La consapevolezza di questa interdipendenza ha sollecitato un maggior senso di responsabilità individuale verso il benessere collettivo, e gli italiani, per la maggior parte – dice il Censis – di fronte all’emergenza si sono detti pronti a sacrificare il proprio interesse per quello del Paese».
O anche a controllare ciò che, da noi dismesso, potrebbe essere utile ad altri. Si chiama “Decluttering, ovvero far fagotto”, come spiega a pagina 23 Gabriele Amenta: «Fare il fagotto significa, nell’idea originale di Chiara Lubich, passare in rassegna tutto ciò che in casa è superfluo: vestiti, libri, scarpe, oggetti e dare a chi ne ha più bisogno. Questa pratica, cominciata solo per amore del Vangelo ha, ormai, un fondamento scientifico anche nella civiltà dei consumi. Si sa, infatti, che si usa, in media, solo il 20 per cento di ciò che si possiede, il restante 80 per cento costituisce solo ”pezzi da museo” completamente inutili».
Si tratta, insomma, di far circolare non sono le cose ma le nostre stesse capacità. Come, ad esempio, sta facendo il noto allenatore di calcio Emiliano Mondonico il quale si è messo a diposizione di una nuova particolarissima squadra, “L’Approdo”, associazione attiva nel campo del recupero dalle dipendenze con sede all’interno dell’ospedale di Rivolta d’Adda (Cremona). Il tecnico racconta a Cesare Cielo a pag.56 che si tratta di «una forma di solidarietà che mi fa stare davvero bene. E poi è bello vedere persone con difficoltà mettersi in gioco… giocando. Il calcio aiuta a fare gruppo e fare gruppo contribuisce a sentirsi meno soli».
Il primo piano della rivista, curato da Aurelio Molè a pag.4, è dedicato al tributo di sangue pagato dalla stampa: «Ci sono giornalisti che scrivono e muoiono. Muoiono per descrivere ciò che vedono e che non dovrebbero. Nel 2011 sono stati 66 i giornalisti uccisi e più di tremila i feriti, rapiti, minacciati e torturati perché la parola, scritta o parlata, ha alterato gli equilibri del potere, della menzogna, del malaffare».
Sono giornalisti amanti della verità che, tra l’altro, ci hanno informato in presa diretta sulle manifestazioni popolari che, lo scorso hanno, hanno determinato il crollo di molti regimi nord africani. Nella ormai nota piazza Tahrir è tornato Michele Zanzucchi per intervistare alcuni protagonisti di quelle storiche giornate egiziane. Tra questi Ahmad el Bohy, ingegnere, sgombra il campo da ogni dubbio: «La libertà l’abbiamo sperimentata, ormai non la lasceremo più. Nemmeno a chi vuole imporre la tradizione islamica a tutta la popolazione».
Il sogno di un’integrazione possibile si può ricavare dal reportage di Roberto Catalano sull’Ecuador a pag.32: « Si è aperto qualcosa di nuovo in cui tutti, anche se in modo diverso, si sentono coinvolti […] per realizzare il principio dell’intercultura, di cui parla la Costituzione ben undici volte. A questo si aggiunge l’impegno, come cristiani, della palabra de Dios, quella parola che, se fatta vita, diventa un agente trasformatore importante. La necessità di costruire comunità autentiche a livello locale è un passo fondamentale per poter dar vita a una vera integrazione sul territorio. L’Ecuador, grande laboratorio di intercultura, può davvero offrire al mondo un modello imitabile e sostenibile di incontro e convivenza».