Segni fra le pagine

 Sfogliamo insieme l'ultimo numero di Città Nuova  
Città Nuova 1/2012
 C’era una volta…: ci piace leggere il primo numero di Città Nuova del nuovo anno a partire dalla fiaba nella quale Tanino Minuta racconta (pag. 77) come l’esclamazione di un bambino salvi dal macero le scatole depositate vicino ai cassonetti al termine delle ultime festività: ”Quelle cose inutili insieme stanno componendo una cosa bella, un castello!”. Il sindaco acconsente e gli applausi di tutti  “arrivano fino a svegliare le stelle che, commosse nel vedere tanta gioia in città, fanno cadere una polvere lucente che copre il castello”.

Anche questo può essere un modo per sentire veri gli auguri di Città Nuova, riuscendo a superare il pessimismo che ha accompagnato la chiusura del 2011. Riprendiamoci la speranza: lo slogan del gruppo editoriale Città Nuova sul sito web diventa anche l’auspicio di Michele Zanzucchi che, richiamando a pagina 3 il messaggio natalizio di Benedetto XVI, ci sollecita a riscoprire “fiducia, reciprocità, pace, consolazione, solidarietà, fraternità”.

 

Fiducia. Afferma lo psicologo Cavaleri, nel box del primo piano curato da Aurora Nicosia, dal titolo La crisi spinge a cambiare: “La storia ci dimostra che in ogni momento difficile l’essere umano rivaluta il rapporto con l’altro, una risorsa inesauribile. Serve riprendere la propensione a parlare, a non chiudersi, sapendo che nessuna crisi potrà tagliare la relazione e credendo nelle sue potenzialità”

 

Reciprocità. La richiedono i tunisini, che un anno fa diedero inizio alla rivoluzione araba, come tratto caratteristico dei rapporti con l’Europa. Michele Zanzucchi, nel reportage a pagina 46 La Tunisia ci crede, dà voce a Cheker Chorfi, professore di cultura islamica: “Che vi sia cooperazione aperta alle nostre idee, senza voler imporre le vostre idee! Che si investa insieme, senza più sfruttamento delle risorse in spirito coloniale”.

 

Pace. E’ denominato “Ways of peace”, vie di pace, appunto, il progetto nato da un viaggio in Palestina che da due anni coinvolge giovani italiani e mediorientali. L’articolo “Terra Santa andata e ritorno”, di Mariagrazia Baroni a pagina 38, spiega la finalità dell’iniziativa: “Creare ponti con quanti in Terra Santa hanno nel cuore quel seme di fraternità […] e continuare anche dall’Italia a vivere con il cuore proiettato verso quei luoghi per la convivenza tra i popoli”.

 

Consolazione. E’ lo stato d’animo provato verosimilmente dai detenuti di Rebibbia in occasione della recente visita del Pontefice raccontata da Gabriele Amenta a pagina 20 sotto il titolo Segni di rinascita. Osserva il cappellano del carcere romano: ”I detenuti hanno avvertito la vicinanza della Chiesa e il papa ha sollecitato il governo per dare condizioni di vita accettabili ai detenuti e il ministro della Giustizia, Paola Severino, gli ha fatto eco. È stato un concerto di rinascita e speranza”.

 

Solidarietà. La vivono giorno per giorno le famiglie e i collaboratori che formano l’ABC, Associazione bambini cerebrolesi. Alcuni di loro, a pagina 81, ricordano che l’iniziativa è nata in Sardegna “da un gruppo di tre famiglie che avevano rifiutato il ricovero in istituto dei loro figli in condizioni gravissime[…]. Ci si è battuti perché lo Stato, le regioni e gli enti locali riconoscessero progetti personalizzati […] con risultati a volte straordinari, come l’esperienza dei progetti della legge 162 che coinvolgono più di 30 mila disabili e le loro famiglie”.

 

Fraternità. E’ ciò a cui orientare le relazioni all’interno delle nostre città, sempre più multietniche, per superare il rischio di un nuovo e più subdolo razzismo di tipo culturale. Anna Granata a pagina 18, ne “Il razzismo che ci riguarda”, mette in guardia dalla “dinamica classica dello stereotipo che ci porta a semplificare la realtà e a raccogliere in categorie le persone intorno a noi […]. Non possiamo permetterci di lasciare crescere intorno a noi stereotipi e pregiudizi, perché sono la prima radice del razzismo che è oggi in allarmante crescita nel nostro Paese”.

E’ questo il modo con cui vogliamo leggere Città Nuova, per riprenderci la speranza, “quella forza-debole –scrive il direttore – che permette di andare avanti”. Cercheremo di farlo per tutto il 2012.

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