Se non Lui, chi?

In diretta da Torino la prima ostensione della Sindone dell’era digitale. Le reazioni dell’uomo d’oggi di fronte all’enigmatico telo
Sindone

Il pomeriggio del 30 marzo, durante la solenne liturgia del Sabato Santo presieduta da mons. Cesare Nosigli nella cattedrale di Torino, tutto il mondo avrà l’opportunità, attraverso la trasmissione di Raiuno A sua immagine, di contemplare il telo che, secondo la tradizione, avvolse il corpo di Gesù. Realizzata in occasione dell’Anno della fede, sarà la prima ostensione dell’era digitale della Sindone che, com’è noto, è custodita da oltre tre secoli nel capoluogo torinese.

Mi torna in mente, al riguardo, la fotodocumentazione scientifica, storica e archeologica permanente su questo simbolo della Passione di Cristo ospitata nella suggestiva cornice barocca dell'Oratorio del Caravita, nel cuore della Roma seicentesca. Assoluta fedeltà ai dati obiettivi; e tuttavia nulla di freddo, di sterilizzato. L'effetto anzi – "complici" le note della Passione di Bach, diffuse in sordina – è quello di una riflessione che si fa meditazione, preghiera. Ecco il resoconto di una mia visita all’Oratorio fatta anni fa, nella quale raccolsi impressioni che potrebbero ripetersi pressoché simili nella prossima ostensione.

Una biondina dai grandi occhi spalancati – avrà non più i sedici anni, malgrado il trucco pesante – indugia davanti alle immagini che evidenziano le crudeli ferite dei flagelli. Chissà a che cosa starà pensando. La vedo avviarsi verso l'uscita, sostare davanti ad un leggio che sembra messo lì apposta, scrivere qualcosa e poi fuori, nel flusso dei turisti e di chi fa shopping. Mi avvicino al grosso libro che invita i meno frettolosi a scrivere, oltre alla data, al nome e alla provenienza, anche «un pensiero, una impressione, un giudizio» sulla mostra; e di colpo quella ignota visitatrice diventa "qualcuno": «Riuscirò mai a trovare sulla terra un amore vero e disinteressato come lo è stato il tuo? Firmato: Claudia».

A sfogliare questo libro – quasi cinquecento pagine fitte di nomi, di testimonianze, in italiano e in decine di altri idiomi – sembra di sentire riprodotte quelle che dovettero essere le reazioni di chi assistette al dramma del Golgota: espressioni di orrore, di dolore, di dubbio, di pietà umana, di devozione, di rispetto, di scetticismo (non trovo però l'ingiuria, neanche da parte chi si proclama «miscredente» o «ateo e cocciuto››). E all'Uomo della Sindone, protagonista silenzioso, ma quanto mai eloquente, si rivolgono direttamente tanti che su queste pagine hanno trovato il tempo o il coraggio o la fede di appuntare qualcosa del segreto colloquio intrecciatosi tra loro soli e il suo mistero.

In queste frasi che si compongono coralmente e rimbalzano spesso con poche varianti da un capo all'altro del libro, c'è dentro tutto l'uomo di tutti i tempi. Quando esse saranno diventate dei reperti archeologici, altre simili, forse, rinnoveranno gli stessi quesiti. Ad accostarle tra loro, ne vengono fuori brani da sacra rappresentazione:

«Povero Cristo!». «Non meritavi tutto questo». «Ha sofferto anche per me». «Soffrire tanto per l'uomo; merita forse l'uomo che qualcuno soffra per lui? Chi te lo ha fatto fare?». «…Per dimostrarci il tuo amore».  «Perché?», viene spontaneo chiedersi davanti a questo "antico delitto". E le domande si affollano: «Questo calvario è stato inutile?». «Continui a soffrire oggi come allora?». C'è anche la reazione violenta, degna di un emulo dei bollenti figli di Zebedeo: «Ho provato un senso di rabbia contro i suoi assassini, e anche contro lui stesso che non ha voluto disperderli».

 Ma forse più che l'eccesso di «crudeltà nell'uomo», sconvolge quello dell'«amore in Dio», come appare anche dalla «pacata serenità del volto. Ciò mi rivela che Egli è colui che ha sofferto per gli altri, è arrivato alla croce per gli altri, ha dato la propria vita per gli altri».

«Dio ci ama» e ha scelto la via della sofferenza per dircelo a fatti; e questa "rivelazione" chiama una risposta d'amore analoga: «Non si può non amare chi è morto così atrocemente per te»; per quanto – aggiunge un ventunenne – «la vita terrena non basterà per amarlo».

Perché dal piano emotivo si scenda a quello concreto, questa risposta esige di esplicitarsi in «un impegno di pace con noi stessi, con il prossimo che ci è vicino», nel «non permettere che ciò che qui si vede si ripeta oggi sulla faccia della terra», nei «milioni di "cristi" (che) vengono crocifissi ogni giorno».

Frequentissima è la richiesta di perdono, d'aiuto. Si prega per i defunti, per una persona cara; si chiede, ma anche si dà: «Ti dono ciò che tu sai. Ti chiedo la fede». E poi la gratitudine: «Grazie, Gesù. Oggi ti ho visto».

Tra i vari motivi che possono aver condotto qui, una precisa determinazione («Sono venuto qua per conoscerti meglio»), il caso («Siamo passati qui per caso e parlavamo e pensavamo: questo incontro con la Verità è un segno che il Signore Iddio è risorto»), un imprevisto: la necessità, ad esempio, di ripararsi dalla pioggia, come parrebbe da questa anonima testimonianza: «Non ci sono dubbi: è Dio, è Gesù Cristo. Grazie da un giovane attore che sta aspettando qui… al riparo».

C'è chi afferma di «aver trovato»: «Oggi è giorno di nascita di una cosa che cercavo». «Dopo tanti anni scopro il Figlio rnisericordioso e con lui la bontà del Padre che ce lo ha dato». «Qualche giorno fa, pregavo il Signore di sorreggere la mia poca fede. Sono esaudito». «Esco da questa visita con il cuore gonfio, con una grande speranza». E c è chi ritorna («Non credo, ma è la seconda volta che vengo a meditare dinnanzi all'impronta di quell'uomo») o si propone di farlo: «Un'emozione indicibile. Devo tornare qui con chi amo».

Fresche, spontanee, commoventi, le impressioni e le preghiere scritte a grandi e incerti caratteri dai bambini: «Mi veniva da piangere. Secondo me è tutto vero». «Gesù, pure la scienza l'ha dimostrato: la tua è pura verità». «Fa' che le sofferenze che hai passato siano servite d'esempio agli uomini». «Dio, fa' trovare lavoro a mio fratello. Grazie», «Un bacio per Gesù». Non si può non sorridere all'uscita di questo piccolo "scettico", alunno di terza media: «Dato che Cristo quando è stato sepolto era avvolto nella Sindone, essendo nudo, quando è risorto non poteva andare in giro nudo e quindi si sarebbe portato appresso la Sindone».

«Io credo», con più o meno varianti, ricorre con la frequenza di certi graffiti tracciati ad opera di pellegrini nei luoghi sacri; quasi una risposta al «Voi chi dite che io sia?». Nella gamma delle fedi – salda, incerta, fragile… — si riconosce anche qui l'uomo di oggi, di sempre.

«Siamo come Tommaso che ha dovuto toccare per credere». «La Passione di Cristo non è, dunque, una pia favola; nemmeno il resto del Vangelo, quindi». «È una importante conferma per chi crede. Un momento di riflessione per gli altri». 

Accanto a queste, le testimonianze di chi non crede: «Sono entrato ateo e ne esco ateo». E un altro: «Continuo a non crederci. Il pensiero razionale e scientifico del nostro tempo mi condiziona più di ogni altra cosa».

La scienza: molti ne esaltano la funzione sussidiaria, a conferma dei dati della fede: «Per gli uomini del XX secolo era necessario un Vangelo scientifico: la Sindone». «Amo la scienza da quando sono nata; ora l'amo di più perché mi aiuta a credere in te». Per qualcun altro «la scienza non dà solo risposte, spesso pone dubbi sconcertanti».

Di fatto, spesso il dubbio persiste, quel dubbio che non risparmia l'uomo di oggi, neanche quello che si professa credente: «Troppi punti interrogativi». «Che esista veramente Dio?›. «Una riflessione e un dubbio da portare per tutta la vita».

Per tutta la vita… quasi per una sorta di "impronta sindonica" fissatasi, stavolta, nell'intimo di ciascuno a contatto con quel dolore muto, innocente. In chi sfiora l'Uomo della Sindone, non rimane spazio per l'indifferenza.

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