Se n’è andato un grande

Ci ha lasciati ieri Philip Seymour Hoffman, stroncato a 46 anni da un'overdose. Recitazione sommessa, aria timida e insicura, personaggi complessi e dolenti. Aveva ricevuto l'Oscar come migliore attore nel 2005 per "Truman Capote"
Philip Seymour Hoffman

Non sono bastati una compagna affettuosa e tre bambini. Nemmeno l’Oscar come miglior attore nel 2005 nel film “Truman Capote” di Bennett Miller. Ci deve essere stato un disagio interiore profondo se Philip Seymour Hoffman ha finito la vita con un’overdose a 46 anni nella sua casa di New York.

Aveva avuto problemi di droga già in passato, era entrato e uscito più volte, anche di recente, dai centri di disintossicazione. Non ce l’ha fatta a rialzarsi. Hollywood ancora una volta fabbrica star e poi le divora tra sesso e droga, perché reggere a una vita che ti vuole sempre al top e in cui si finisce per immedesimarsi è pressoché impossibile se non hai una forte corteccia interna. Ne hanno fatto le spese Marylin Monroe e di recente Heath Ledger, morto a 28 anni.

Philip era un grandissimo attore. Lo si ricorda come il prete sospettato di pedofilia nel film Il dubbio, del 2008, insieme a una strepitosa e tremenda Meryl Streep; come capo di una setta nel 2012 (Coppa Volpi a Venezia) in The master, il film di Paul Thomas Anderson, dov’è perfetta incarnazione dell’imbroglio carismatico; nel lontano 1999 in Magnolia con Tom Cruise, dove è un infermiere delicato, e infine in Hunger Games, dove impersona l’ambiguo dominatore Plutarco del romanzo "La ragazza di fuoco".

Ma sono tanti i film che ha interpretato e in cui si imponeva per la recitazione sommessa, con quel corpaccione e l’aria timida, come flagellato da una insicurezza che era poi vera nella realtà e l’ha portato alla fine, nonostante una vita tutta in discesa di successi fin dalla giovinezza.

Ci mancherà la sua presenza sottotono, le arguzie nascoste in una strizzata d’occhi o un mossa delle labbra, il sorriso largo e un poco triste, la sua capacità di entrare nei personaggi dolenti e complessi.

Che peccato aver perduto un attore così grande. Il successo davvero non rende felici.

I più letti della settimana

Il sorriso di Chiara

Abbiamo a cuore la democrazia

Carlo Maria Viganò scismatico?

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons