Se il Vangelo parla techno

Nove gruppi musicali da tutto il mondo, un deejay al centro dell’Arena raccontano l’ideale dell’unità di Chiara Lubich con note insolite
Concerto inaugurale del genfest

Chissà se Chiara Lubich e le sue compagne, che affidavano agli inni trentini l’esperienza della spiritualità dell’unità, avrebbero immaginato che nel 2012 sarebbe stata la musica techno a parlare di Dio, di unità, di rivoluzione evangelica. I 12mila giovani del Movimento, ieri sera hanno trasformato il palasport arena di Budapest in una disco dance scatenata eppure rispettosa e composta  forse ben poco sanno di quelle prime canzoni. Eppure anche i ventidue brani che sono state eseguiti sul palco mescolando rock, pop, musica etnica, sanno far centro per parole, note e contenuti.

Cambiare il mondo, mostrare questo cambiamento è un liet motiv che accompagna le diverse esecuzioni. Non si nasconde la fatica e la sofferenza per questo impegno, il confronto con una società che ha perso la speranza, che si dibatte nella paura e nelle insicurezze. Lo canta il gruppo Usa, ma anche i colombiani che insistono nel voler trovare una luce e una strada di libertà anche per la loro terra. Il complesso giordano canta di perdono, di guerra, di costruire ponti, come la spiritualità di Chiara Lubich ha insegnato a fare in tanti punti critici del Medioriente. I ponti musicali che si gettano in quest’arena non sono evanescenti, c’è sotto la forza della vita, della storia che ciascuno di questi giovani porta dentro quest’arena. E c’è anche la memoria dei dieci Genfest  che hanno preceduto l’edizione di Budapest.
 
Al centro del parterre, infatti, circondato da ballerini e da giovanissimi fan, un deejay coreano mixa su ritmi techno gli inni dei vecchi meeting e scatena l’adrenalina dei presenti. La platea e gli spalti si animano di bandiere: Argentina, Libano, Israele, Brasile, Polonia. Qui il mondo sembra dimenticare i ristretti confini geografici imposti dalla politica. Del resto anche Katalin 
Bogyay, rappresentante dell’Unesco, invita i giovani presenti a guardare chi sta accanto per cominciare a costruire il mondo solidale, che la Lubich propone in sintonia con i programmi dell’agenzia delle Nazioni Unite.

“Qui si scrive una pagina della storia della cristianità” ha detto il sindaco di Budapest, Tarlós István, salutando l’assemblea. Inimmaginabile per questo paese, ospitare un appuntamento mondiale che raccoglie credenti e non credenti, quando fino al ’90 qualsiasi anelito alla spiritualità e alla libertà era stato brutalmente soffocato dal comunismo. Una pagina triste della storia che i giovani ungheresi hanno voluto raccontare con una coreografia, videoproiezioni di filmati d’epoca e musica tecno, nota inconfondibile della serata.
 
Un messaggio del Papa, a firma del cardinale Bertone, incoraggia i presenti a “dare forma di unità e di pace alla città dell'uomo, e renderla in qualche misura anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio”. Mentre il presidente della Repubblica italiana ha inviato una sua medaglia commemorativa dell’evento.
 
Si  conclude la festa con una ninna nanna ungherese, cantata da due bambini abbracciati ad un orsacchiotto. Si lascia l’arena e la festa continua con i ponti dei saluti, dei commenti, degli arrivederci a domani, per l’appuntamento clou. (ndr. Oggi).

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