Se il sindacato vota con il portafoglio

Le scelte di consumo critico come pratica dell'azione sindacale al tempo della quarta rivoluzione industriale. Dalla finanza etica, alle aziende sottratte alle mafie fino all' adesione a Slot Mob. Seconda parte dell'intervsita a Marco Bentivogli, segretario generale dei metalmeccanici della Cisl
fim cisl

Dal nostro colloquio avviato con Marco Bentivogli, segretario nazionale Fim Cisl, siamo passati dall'analisi della crisi attuale delle organizzazioni dei lavoratori fino ai fermenti di una nuova presenza dentro e fuori dalla fabbrica. 

 

 

Ci può indicare un fatto emblematico di questa nuova presenza dell'organizzazione dei lavoratori che state sperimentando come metalmeccanici della Fim?

 

 

«Certo! Quest’anno abbiamo voluto festeggiare un Primo Maggio diverso e lo abbiamo fatto ad Aversa in Campania, nella terra dei Casalesi ma anche di figure simbolo per la lotta alla criminalità organizzata come quella di don Peppe Diana. Abbiamo premiato l’Italia migliore, fatta di persone e aziende che si sono contraddistinte per i loro esempio  di battaglia alla camorra e che puntano sulla partecipazione dei lavoratori come leve per la sostenibilità e per la loro reputazione aziendale».

 

In che modo avete coniugato partecipazione dei lavoratori e lotta alle mafie?

 

«Abbiamo realizzato un cash mob di “voto col portafoglio”, come lo ha definito l’economista Leonardo Becchetti, assieme a NeXt Nuova Economia, acquistando i prodotti di quelle aziende, per diffondere consapevolezza e informazione e dare così un forte significato alla Festa del Lavoro. Il ruolo di “boicottaggio” è debole, premiare la sostenibilità e “votare col portafoglio” orienta in modo stabile il mercato sulle persone. Per questo abbiamo inserito nella valutazione delle imprese anche il grado di accoglienza della partecipazione sindacale e della contrattazione. Altrimenti la sostenibilità delle imprese muore nei reportage delle riviste patinate e nei convegni e non si afferma nel lavoro».

 

Questo vale come metodo. Ma quali sono, a suo giudizio, le vertenze emblematiche in Italia dove si deciderà il futuro del lavoro?

 

«Proprio in  questi mesi siamo impegnati in una importante vertenza, quella del rinnovo del contratto dei metalmeccanici con Federmeccanica. Non è solo il contratto ad essere in gioco in questo caso, ma il modello di Paese e di relazioni industriali che vogliamo.

Da una parte c’è la componente più chiusa di Confindustria che parla di “rinnovamento”, ma in realtà ripropone vecchi riti e soprattutto punta a far contare sempre una risicata percentuale di persone; dall’altra c’è chi crede nella solidarietà e nella partecipazione dei lavoratori che vogliono essere protagonisti responsabili del loro lavoro, credono nell’innovazione vera e in un sistema di relazioni industriali e sociali che non lasci a piedi nessuno. Vogliamo “portare a casa” il diritto soggettivo alla formazione, un nuovo inquadramento professionale, un welfare integrativo più forte e aprire il capitolo “partecipazione dei lavoratori”. Questo è il rinnovamento vero e noi saremo sempre da questa parte».

 

Come mai, impegnati come siete sul contratto nazionale di categoria, avete preso posizione sullo Slot Mob?

 

«Il sindacato del presente e del futuro prende posizione. Soprattutto quando a rischio ci sono il benessere delle persone ed emergono nuove piaghe sociali, come quella del gioco d’azzardo, che stanno riducendo sul lastrico tante famiglie, con costi elevatissimi per tutta la società proprio nelle aree industriali in crisi. Penso che ci sia una grande sottovalutazione verso queste nuove forme di disperazione. Non ci possiamo permettere di non affrontare il problema e di mettere in campo tutte le azioni necessarie, a partire da fare una corretta informazione fino alle mobilitazioni, per arginarlo.

Gli Slot Mob, come i Cash Mob, sono le nuove forme di lotta dell’attivismo sociale e che qualificano un sindacato attento al modello di sviluppo, consapevole che se gioca il suo potere contrattuale solo dentro la singola azienda fa poca strada».

 

Una strada per andare oltre lo sciopero?

 

«Non penso affatto che siano derubricabili gli scioperi più “tradizionali” che però spesso sono la risultante di ottusità e ostilità al dialogo delle controparti chiuse e rigide verso il cambiamento. I lavoratori sono persone, cittadini, consumatori, elettori. Si dice che “il PIL vota”, beh è ora che la moltitudine dei “pesci piccoli mangi quello grande”, votando la sostenibilità in modo definitivo.

 

Consapevolezza e partecipazione contraddistinguono il nostro fare e essere sindacato con a cuore le persone con cui condividere un destino migliore e magari smettendola di indicare nemici e cavandosela con un mero ruolo di denuncia, senza indicare mai una via d’uscita praticabile e percorribile. Oggi è tutto più a portata di mano, basta organizzarsi».

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