Se il grano aumenta più delloro
Una rete internazionale per “fermare le scommesse sulla fame”: l’appello per un'azione immediata contro la speculazione sulle materie prime alimentari
Il mercato internazionale del mais ha registrato un aumento record del 49 per cento rispetto al prezzo fissato in Borsa ad inizio 2010. Segue il grano al 39 per cento e i semi di soia al 35 per cento. Per avere un termine di paragone, si può prendere la valutazione dei metalli preziosi che ha avuto un incremento “solo” del 24 per cento. Secondo i dati forniti dalla Fao, i prezzi alimentari nel gennaio 2011 hanno toccato «un nuovo picco storico: si tratta del livello più alto da quando la Fao ha iniziato a misurare i prezzi alimentari nel 1990».
Questa continua pressione al rialzo dei prezzi alimentari mondiali ha conseguenze molto concrete sulla vita di milioni di persone, come ha spiegato l’economista della Fao ed esperto del mercato dei cereali, Abdolreza Abbassian: «I prezzi alti sono motivo di grande preoccupazione specialmente per i Paesi a basso reddito con deficit alimentare, che potrebbero avere serie difficoltà a pagare le importazioni alimentari, e per le famiglie povere che spendono grandissima parte del proprio reddito per il cibo».
Ma perché i prezzi salgono in questo modo? Il fenomeno non si spiega con la crescita della popolazione mondiale, e lo spettro dei teorici neomalthusiani. Il fenomeno è assai noto nel campo della finanza internazionale. Una commissione del Senato Usa, rigorosamente trasversale, ha depositato nel giugno 2009 un rapporto sull’esistenza di evidenti e ed eccessive manovre speculative che si consumano, ogni giorno, presso la Borsa mercantile di materie prime di Chicago che ha una funzione di riferimento a livello mondiale fissando il prezzo del grano come di altre commodities. Si tratta di un termine difficilmente traducibile dall’inglese che indica un bene che entra nel gioco di valutazione della Borsa che dovrebbe organizzare il mercato, offrendo certezze, e invece si presta al gioco di potenti società finanziarie che, ad esempio, comprano e rivendono grandi volumi di cereali scommettendo sull’oscillazione del loro valore di mercato in un certo periodo determinato.
Ma sembra non ci sia nulla da fare. C’è chi, come Jean Ziegler, che è stato relatore Onu sulla condizione di povertà nel mondo, ha invece idee molto chiare come il testo di uno dei suoi libri più famosi (La fame nel mondo spiegato a mio figlio): semplicemente arrivare a chiudere la Borsa di Chicago sottraendo la valutazione di certi beni alla valutazione di convenienza borsistica capace di indurre vere e proprie carestie. Non arrivando a queste drastiche, e per alcuni irrealizzabili, conclusioni, anche il commissario dell’Unione europea all’agricoltura, Dacian Ciolos, riconosce che «l’evoluzione dei prezzi delle materie prime agricole, sia al rialzo che al ribasso, non è mai stata così brutale: la speculazione non dovrebbe danneggiare le attività economiche».
Una situazione quindi conosciuta in maniera approfondita che dovrebbe muovere a scelte di politica condivisa. È quanto chiede una vasta rete di associazioni e movimenti, a partire, ad esempio, dal World Development Movement al Corporate Europe Observatory fino a diversi ordini religiosi olandesi, statunitensi nonché le italiane Acli e le reti del commercio solidale.
Non si tratta di prediche ma di un’analisi della situazione attuale dove «l’industria finanziaria ha già speso miliardi di euro per cercare di persuadere i governi a non limitare la speculazione e perciò chiediamo ai governi e ai parlamentari di ascoltare, al contrario, i milioni di consumatori, lavoratori, contadini, uomini d’affari, gruppi religiosi, accademici, attivisti e altre persone che credono che un controllo efficace sulla speculazione finanziaria sulle materie prime alimentari».
Servono, perciò, misure urgenti a partire dalle regole necessarie per «assicurare una piena trasparenza e una supervisione e controllo sui mercati finanziari legati al cibo, imponendo dei limiti vincolanti alla possibilità che attori puramente finanziari possano partecipare al mercato dei derivati sui prodotti agricoli, e proibendo alle istituzioni finanziare di comprare stock di cibo e di terreni coltivabili». «Il tempo è breve», affermano i sostenitori dell’appello internazionale: «Se non si fanno subito dei passi per fermare l’eccesso di speculazione, è solo una questione di tempo prima che inizi un nuovo tragico capitolo della crisi globale del cibo».