Scuse e vendetta
Una volta mi sono trovato a fare una consulenza a una coppia in crisi. Il marito aveva commesso un grave torto, e ne era consapevole. Diceva: «Sono stato forse troppo duro, ma lei mi ha irritato e provocato. Non è stata colpa mia, ma sua». Questa invece la versione della moglie: «Forse sono stata troppo acida e ho alzato un po’ la voce, ma è il mio carattere. Lui lo sa e doveva rispettarlo. È stata colpa sua, visto che non ne ha tenuto conto».
È molto difficile riconoscere le proprie colpe nelle crisi interpersonali. Quando ci si vuole riconciliare, dunque, non bisognerebbe mai usare le parole: “ma”, “se” o “forse”. Perché? Perché ciò spinge l’altro a difendersi, e così la via della riconciliazione è ostruita. C’è una bella differenza tra il dire: «È vero, ero arrabbiato, perciò ho sbattuto la porta», e il dire: «Ho sbattuto la porta, ma tu mi hai provocato, perciò è colpa tua».
Da quanto detto finora si potrebbe concludere che debba confessare le proprie responsabilità solo chi ha provocato. Ma è un bene che anche la vittima sappia riconoscere la parte che ha avuto nell’accaduto. Molte volte nelle mie consulenze mi capita di parlare con persone che stanno vivendo un conflitto, e il torto non è mai da una sola parte. L’idea che io sia un angelo e tu il diavolo ostacola ogni possibile riconciliazione. È solo ammettere i propri torti e le proprie responsabilità che rende possibili il perdono e la riconciliazione.
Da Vince chi sa perdere, come gestire le crisi e i conflitti interpersonali di Jaro Krˇivohlavý (Città Nuova, 2014). Per acquistare la tua copia clicca qui.