Scuola una sovraccarica supplenza
C’è un generale disorientamento oggi che sembra attraversare la cultura occidentale, un senso di impotenza collettiva nei confronti del ruolo educativo proprio della comunità nel suo insieme. Una tipica sindrome di abbandono del campo, di disinvestimento sociale, che tende a spostare sempre più il baricentro sulla scuola, ormai sovraccarica di responsabilità. È recente la proposta, sull’onda dei gravi episodi di violenza a Catania, di istituire un’ora mensile di educazione sportiva; si è pensato anche ad un’ora di educazione stradale con annesse lezioni di guida; ad un’ora di legalità contro mafia e camorra, di antibullismo…, e così via. In alcune scuole americane si sta sperimentando un nuovo voto, che esprima il bmi (body mass index), cioè l’indice di massa corporea di ciascun alunno: un controverso progetto per combattere l’obesità, un compito educativo in più per la scuola. Quello di una scuola stracarica di incombenze, unica supplente di un mondo adulto altrove, è un fenomeno da non sottovalutare. Innanzitutto, perché queste continue deleghe distraggono la scuola dai cosiddetti basic, cioè da quei saperi essenziali che è suo compito far apprendere e di cui spesso si lamenta carenza nella preparazione degli studenti. Inoltre, perchè la scuola da sola non può governare il complesso mondo dell’educazione. La comunità, i genitori, i gruppi, le istituzioni del territorio possono e devono concorrervi responsabilmente. Un esempio significativo viene dal programma internazionale Learning service (apprendimento-servizio), in cui insegnanti, studenti, gruppi familiari e sociali, si fanno carico e cercano insieme la soluzione a un problema della propria comunità. Azioni di contrasto a fenomeni negativi: contro il bullismo, la violenza, il pregiudizio culturale…; ma soprattutto di promozione di comportamenti positivi: pro il rispetto, l’equità sociale, l’amicizia, la generosità. L’importante è che conoscenze ed esperienze vengano messe a disposizione di tutti e che tutti concorrano alla stessa mèta. Come è avvenuto in una scuola media pugliese, per preparare una campagna di informazione a sostegno degli immigrati, o all’Università di Harvard, per una soluzione di certe forme di conflitto tra gruppi. Apprendere non solo per competere, ma soprattutto per servire: un programma di alto profilo formativo, a cui concorrono tutte le componenti sociali. Una comunità che vuole e sa educare. Di questo dovrà tener presente anche la tanto attesa riforma degli Organi collegiali della scuola.