Scuola: si riapre a settembre?

Incertezze e allarme sul rientro a scuola. Servono spazi per le aule, protocolli precisi, soluzioni durevoli.

L’anno scolastico si è concluso. Un anno, si spera, che non debba più ripetersi e che tutti cercano di cancellare dalla memoria. Ma l’emergenza non è finita a giugno e, a solo trenta giorni dalla riapertura, il quadro che si presenta è scoraggiante. Sono trascorsi circa sei mesi – calcolando l’interruzione delle lezioni a febbraio in alcune regioni – e si ha la percezione che si stia continuando a navigare a vista. Le dichiarazioni del Ministro dell’istruzione Azzolina tendono a tranquillizzare il mondo della scuola ma sono evidenti i tanti nodi rimasti non risolti per un rientro in piena sicurezza.

Già da qualche mese sarebbe dovuto partire un piano per il ritorno a scuola. La questione del bando in data 27 luglio per l’esoso acquisto di tre milioni di banchi – un milione e mezzo le sedie con le rotelle e un milione e mezzo di banchi monoposto – ha scatenato severe critiche da parte degli addetti ai lavori, proteste sui Social e anche la fantasia dei vignettisti. Secondo fonti governative il bando verrà garantito dalla partecipazione di imprese estere perché la produzione italiana da sola non basta, visti i tempi ridottissimi. Altre fonti sottolineano che la gara andrà sicuramente a vuoto. Ma questa è soltanto la punta dell’iceberg.

E queste incertezze sui protocolli delle modalità del rientro a settembre hanno procurato allarme nelle scuole. I Dirigenti scolastici sono al lavoro, costretti ad arrangiarsi per liberare spazi come biblioteche, magazzini, scantinati in modo da ampliare il numero delle aule. Molti parroci hanno messo a disposizione i locali delle proprie chiese per sopperire alla mancanza di aule e venire incontro alla comunità. Sarebbe un’impresa vana e inutile moltiplicare gli spazi senza aumentare il numero degli insegnanti. Si ricorrerà certamente ai doppi turni e probabilmente riprenderanno le lezioni on line.

Ma il vero dramma è costituito dall’enorme gap che ha creato questa pandemia. I dati ci dicono che oltre un milione di minori vive in un comune dove non esiste la rete fissa. Senza parlare del recupero degli apprendimenti per gli studenti poveri e svantaggiati.

Secondo Skuola.net soltanto il 30% delle scuole secondarie superiori ha dato istruzioni sulle modalità di svolgimento dei corsi di recupero a settembre.

Non esistono dichiarazioni istituzionali e politiche su come si vorrebbe la scuola post coronavirus: contenuti didattici, competenze di base, abbandono scolastico, la grave questione della scuola dell’infanzia e della carenza dei nidi.

I danni causati nella scuola dall’emergenza sanitaria saranno durevoli. Speriamo che si avviino delle soluzioni serie e degli interventi altrettanto duraturi.

 

 

 

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