Scuola senza pace

Molti docenti siciliani immessi recentemente in ruolo non vogliono prendere servizio nelle sedi loro assegnate nel nord Italia. Rischio conflitti tra insegnanti e disagi per gli studenti. Il ministro, per ora, resiste…
Bambini

La “Buona Scuola” li ha mandati a insegnare in varie province del Nord Italia. Ma loro non vogliono andarci. I docenti siciliani immessi in ruolo con il “piano straordinario di assunzioni” della legge 107 del 2015, non vogliono raggiungere le sedi assegnate. Troppo distanti da casa, innumerevoli i disagi per chi è costretto a lasciare la famiglia (spesso figli piccoli o genitori anziani) per una docenza a 1000 o 1500 chilometri dalla propria città.

Parte da Ragusa la mobilitazione dei docenti siciliani che, con un documento firmato da 250 docenti (ma le adesioni sono in aumento) hanno chiesto al ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, un “piano straordinario di rientro in Sicilia” ed un “tavolo tecnico” al ministero dell’Istruzione per trovare delle soluzioni adeguate. Il documento è stato consegnato al Provveditore, poi all’assessore regionale Bruno Marziano. Marziano ha accolto le richieste. Ed ha bussato alla porta del ministro che, però, quest’anno, pare intenzionata a non concedere troppe deroghe.

Marziano ha proposto il «rientro, con mobilità annuale, dei docenti specializzati per il sostegno che sono fuori regione o l’assegnazione provvisoria in Sicilia». Inoltre, si chiederà di incrementare anche il tempo pieno, prevedendo un investimento di 11 milioni di euro. Ma per questo, bisognerà attendere il prossimo anno scolastico e l’azione del nuovo governo regionale che si insedierà a novembre.

Intanto, il fronte della protesta si allarga ad altre province siciliane ed approda anche in Campania. Nel documento i docenti lamentano «i tanti contestati algoritmi che hanno assegnato sedi in città lontane» e «la forma ingannevole, con la quale era stata, nel 2015, comunicata dal Governo, la notizia di porre fine alle Gae (Graduatorie ad esaurimento), spingendoci come precari a presentare la domanda per il piano straordinario di assunzioni, pena il depennamento da tutte le graduatorie scolastiche». Gli insegnanti affermano di essere stati costretti, non avendo altre possibilità, ad «accettare l’immissione in ruolo, pur di non rinunciare ai propri sogni e ai propri sacrifici».

I docenti, specie coloro che avevano superato i concorsi e che erano inseriti nelle “Graduatorie di merito”, si sentono penalizzati: «Abbiamo partecipato e superato un concorso per la docenza in Sicilia, invece ci ritroviamo, a causa di algoritmi e di inammissibili procedure, assunti al Nord».

Qualcuno parla anche di “stravolgimento delle regole”, citando la decisione di immettere in ruolo anche gli idonei di un concorso che invece era stato bandito con modalità diverse. Molti docenti con punteggi più alti, sono stati assegnati al Nord e chi invece aveva un punteggio più basso è riuscito a lavorare con i posti residui, a due passi da casa. I ricorsi si sono moltiplicati e molti docenti hanno visto delle sentenze a loro favorevoli.

Ma a farne le spese sono stati gli equilibri familiari: figli piccoli che vivono lontani dai genitori e, per i bambini, la necessità di cambiare scuola più volte. Tutto questo ha generato un forte disagio familiare e sociale che «non ci consente di svolgere nella maniera adeguata il nostro ruolo». «Molti sono stati costretti a partire – si legge ancora nel documento – anche dopo i quaranta anni, lasciando famiglie anche economicamente in difficoltà: alla separazione coatta da compagni e coniugi si aggiunge l’impegno gravoso di dover far fronte a spese doppie (doppie case, vitto e spese, più viaggi) con lo stesso budget già a malapena bastante fino a ieri. Inoltre, il fatto che una buona parte dei docenti lavori al Nord, comporta un impoverimento del Sud, con il perpetuarsi del problema storico del Mezzogiorno».

E per il rientro in Sicilia, si strizza l’occhio alla possibilità di essere utilizzati come insegnanti di sostegno. «In Sicilia ci sono circa 5 mila posti per il sostegno – spiega uno dei docenti impegnati nella mobilitazione –, ma non ci sono abbastanza docenti con il titolo adeguato. Potrebbero essere utilizzati gli insegnanti assegnati al Nord, prevedendo, contemporaneamente, un corso per l’adeguata formazione per questo ruolo».

Ma la vicenda ha mille aspetti e mille sfaccettature a seconda che si tratti di scuole superiori, medie, primaria o dell’infanzia. Le varie situazioni si intersecano. E molti insegnanti perorano cause diverse. E spesso contrastanti. I toni talvolta si alzano perché la coperta è corta. Chi ha avuto assegnata una sede al Nord, spera di poter rientrare in Sicilia. Chi non ha aderito alla “buona scuola”, scegliendo di rimanere in Sicilia, senza uscire dal precariato, ora non vede di buon occhio che i posti rimasti vadano a chi invece ha avuto il ruolo in un’altra città, ma non vuole rimanerci.

Fin qui, i docenti siciliani. Ma nelle scuole del Nord questa situazione non provoca certo salti di gioia. Nell’ultimo anno scolastico, molti docenti del sud hanno chiesto l’assegnazione provvisoria nelle loro province. In tanti l’hanno ottenuta e le cattedre sono rimaste improvvisamente vuote in ottobre. Sono stati incaricati altri docenti, a discapito della didattica e dell’organizzazione della scuola. Ne hanno fatto le spese gli studenti, sballottati da un docente all’altro e obbligati a ricominciare tutto due mesi dopo l’inizio delle lezioni.

Cosa accadrà quest’anno? L’auspicio è che le decisioni si assumano in tempi brevi. Finora il ministro non ha aperto le maglie alle deroghe arrivate lo scorso anno. Ma molti docenti sono intenzionati a non partire. Qualcuno assiste i genitori anziani o parenti ammalati. «Pagare un altro affitto – spiega un docente – oltre a quello della casa di famiglia, è oneroso. Con gli stipendi che abbiamo, corriamo il rischio di non riuscire a pagare le spese. I miei figli frequentano l’università. Come fare a mantenerli se devo spendere tutto lo stipendio?». «Non lascerò mai i miei figli di pochi anni – afferma una madre –, il governo ci obbliga a rinunciare alla docenza: decenni di sacrifici gettati via!»

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