Scrivere con il movimento degli occhi

 Il 21 giugno, giorno in cui si celebra la Giornata mondiale sulla Sla, promossa dalla Federazione Internazionale delle associazioni dei pazienti, di cui fa parte Aisla onlus, l’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, esce per i tipi di BcsMedia il primo libro di Francesco Sala Sono Libero di Amare. La mia vita con la Sla.

Sono stata per mesi accanto ad una persona malata di Sla. Mi spiego. Non “accanto” fisicamente, nel senso che Francesco Sala abita in provincia di Lecce e io nei Castelli romani. E nemmeno nel senso cui verrebbe spontaneo pensare, per cui una persona fisicamente sana come me ha potuto essere spiritualmente vicina ad un’altra, impossibilitata a muoversi. Niente di tutto questo. Francesco Sala mi è stato accanto, sovvertendo completamente la mia concezione di salute e malattia. Chi è sano e chi malato? Chi libero veramente e chi imbrigliato in problemi veri o presunti? Senza nulla togliere al dramma dei circa seimila malati in Italia (tre casi ogni 100 mila abitanti l’anno), che quotidianamente affrontano problemi via via più gravi di deambulazione, deglutizione, respirazione, movimento e comunicazione, grazie ad un uomo malato di Sla ho scoperto che cos’è la libertà.

Qualche mese prima, via Whatsapp, mi era giunta una sua richiesta di aiuto ad organizzare un profluvio di scritti, composti con il movimento degli occhi, per trasformarlo in un racconto: quello della sua vita, prima e dopo l’annuncio della malattia. Conoscevo Francesco molto prima che l’acronimo Sla, tre anni fa, entrasse a scombinare i suoi piani. Ma era un po’ che non lo vedevo. Per lui – mi spiegava – era più di un semplice progetto editoriale: voleva svelare un segreto, quello che fa di lui un uomo felice nonostante un peso invisibile ma sovrumano gli impedisca ormai ogni movimento, tranne quello degli occhi. È nato così Sono Libero di Amare. La mia vita con la Sla (BcsMedia Editore), i cui proventi sono destinati a sostenere i progetti dell’Aisla.

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Francesco scrive: «Sono un uomo libero e felice. Nulla è cambiato rispetto a prima, e nulla cambierei. Sono limitato, certo, come tutti, ma a ben guardarli i miei limiti non rappresentano un muro invalicabile…». Senza volerlo mi accompagna in un cammino, graduale per me (giacché sono alunna un po’ testarda), verso una nuova concezione del limite. Succede che, proprio in quel periodo, per pochi giorni mi prendo una pausa. Mentre sto sciando libera e felice nel dedalo incantevole di piste intorno al Massiccio del Sella, in Trentino, uno sprovveduto snowboarder, forse immaginando di essere al volante di una Ferrari, mi investe. Frattura della tibia e del menisco e fine della vacanza. A casa riprendo il lavoro di redazione. Ma quelle pareti dove sono costretta a rimanere mi sembrano una prigione. E quella sedia da studio con le rotelline che uso per muovermi in cucina uno strumento di tortura. «…Se fosse così avrei perso già da tempo la speranza di essere felice. Questo pensiero mi consente, ogni mattina, di spiccare il volo». Ferma 30 giorni con un tutore? Impossibile! Se incontrassi quel furbo gli tirerei la stampella in testa. «Non ho abbastanza tempo per fare tutto quello che vorrei. Mi sveglio presto il mattino e comincio le terapie. Finalmente, quando i terapisti e gli infermieri se ne sono andati, posso cominciare a dedicarmi alla ricerca, alla corrispondenza, alla stesura dei miei articoli».

Francesco ha pazienza con me. Mi istruisce piano piano, senza darmelo a vedere. Mi rimane vicino nonostante io scalpiti. Continuo a lavorare sulle sue pagine, una dopo l’altra. Inizio a pensare al “limite”, anche se vagamente, come un’immagine sfocata, sotto una nuova luce. Limite come “limes”, traccia, segno di confine, ma anche come sterminato spazio che si apre oltre quella linea. «Un marchio di grazia», dice lui. Scrive Massimo Mauro, attuale Presidente Aisla, nonché noto giornalista Sky, nella prefazione: «Questo libro testimonia che è possibile essere felici nonostante un destino avverso. (…) Francesco ci insegna che non dobbiamo lasciare che i nostri passi diventino pesanti, ma sempre mossi dall’amore per la vita».

Mi occupo di editing da anni. Con il tempo, come avviene in tutti i campi, si acquista una certa tecnica. Curare l’editing di un libro ricorda quei mestieri artigianali di una volta, solo che al posto del legno, o del cuoio, o della ceramica vi sono parole. Si lima, taglia, smussa, pialla una materia fatta di sillabe, termini, frasi. Per me è un mestiere bellissimo. Ma la “parola” di Francesco si è rivelata materia ancora più preziosa. Non è pronunciata, ma penetra nel cuore sottile come una confessione. È composta con il solo movimento degli occhi, ma ha la forza di una salutare scudisciata. È semplice, ma autorevole al pari di un trattato. È familiare, eppure non smette ancora di stupirmi.

 

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