Screening genetico neonatale, dall’Italia le ultime novità

Screen4Care è un progetto europeo che vede il coordinamento scientifico dell'Università di Ferrara. L'obiettivo è diagnosticare più efficacemente le malattie rare, per offrire migliori possibilità ai neonati che ne sono affetti
I partecipanti all'incontro Screen4Care di Copenhagen (foto: ufficio stampa OMaR)

Abbiamo parlato in diverse occasioni dello screening neonatale: un test che può essere effettuato ai nuovi nati nelle prime ore di vita, e che consente di individuare grazie a poche gocce di sangue una quarantina di malattie rare che possono essere trattate efficacemente se diagnosticate subito. Il test si basa comunemente sui metaboliti: per semplificare al massimo, va cioè a ricercare la presenza o meno di alcune sostanze nel sangue del bambino, e questo fornisce un “campanello d’allarme” sulla possibile malattia che andrà poi approfondito con ulteriori esami (questo primo test, infatti, non è in grado da solo di confermare la diagnosi).

L’esame “principe” in questo senso è il test genetico, che va ad analizzare direttamente il gene coinvolto nella malattia: e proprio l’Italia è tra i protagonisti di un nuovo approccio, che mira a poter passare direttamente a questa seconda fase, guadagnando tempo prezioso. Si tratta dello screening genetico neonatale, che analizza direttamente una serie di geni, consentendo di diagnosticare più velocemente e più efficacemente un numero maggiore di patologie; e di farlo a costi sostenibili, dato che le tecnologie in rapida evoluzione stanno riducendo significativamente la spesa necessaria per questi test. Il tutto è completato da soluzioni digitali innovative, e da una “clinica virtuale” che offre supporto post-diagnosi.

Ad occuparsene è il progetto europeo Screen4Care, finanziato con 25 milioni di euro per il quinquennio 2021-2026 dall’Ue e dall’Epfia (European Pharmaceutical Federation of Industries and Associations); e a coordinarlo insieme a Pfizer (sì, le case farmaceutiche sono uno degli attori indispensabili della ricerca, l’auspicio naturalmente è che la collaborazione con gli altri partner sia virtuosa) c’è una realtà italiana, l’Università di Ferrara. Il 25 e 26 aprile scorsi si è tenuto a Copenhagen un incontro per fare il punto a praticamente metà percorso.

«Le persone che convivono con patologie rare spesso si trovano ad affrontare un percorso lungo e difficoltoso per ottenere la diagnosi: una media di circa 8 anni di consultazioni inconcludenti e possibili diagnosi errate che portano a trattamenti inefficaci e a un utilizzo inefficiente delle risorse sanitarie – spiega Alessandra Ferlini, professoressa di Genetica Medica all’Università di Ferrara e coordinatrice scientifica del progetto –. Se potessimo applicare un approccio di screening genetico neonatale per le patologie genetiche per le quali esiste un trattamento approvato, ogni anno e a tutti i 4 milioni circa di neonati in Europa, potremmo assicurare ai piccoli pazienti precocemente identificati un accesso rapido ai trattamenti, valutare la reale incidenza delle  malattie rare e ultra-rare nella popolazione europea e, di conseguenza, migliorare anche la programmazione e l’utilizzo delle risorse economiche. Poter offrire un test genetico neonatale per le patologie trattabili significherebbe migliorare le performance in termini di uguaglianza ed equità, consentendo a un numero maggiore di bambini di accedere alle nuove terapie disponibili. Lo screening genetico, infine, permette l’individuazione di malattie fino ad oggi non intercettate dagli screening metabolici: un approccio economicamente sostenibile poiché i costi delle analisi genetiche si stanno fortemente riducendo. Si tratta però di un cambiamento importante, che deve essere compreso e sostenuto dalle famiglie, dal mondo medico e delle istituzioni poiché impatta sulle politiche sanitarie. Screen4Care ha disegnato e utilizzerà un pannello di 245 geni per lo screening genetico neonatale, che verrà effettuato in diversi Paesi europei, inclusa l’Italia. L’Italia è protagonista non solo per il ruolo di coordinamento scientifico, ma anche l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è stato scelto come “hub genomico” dove saranno analizzati tutti i neonati europei reclutati nel progetto (solo in Italia saranno circa 12.000)».

Anche la parte di comunicazione e informazione sia verso i cittadini che verso le istituzioni a proposito di questo progetto ha firma italiana: ad occuparsene è infatti OMaR-Osservatorio Malattie Rare, con sede a Roma, in virtù di un recente accordo siglato con Screen4Care. «Almeno l’80% delle malattie rare ha origine genetica e grazie alla genomica riusciamo a conoscerle sempre meglio – spiega Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttore di Osservatorio Malattie Rare –. Per OMaR, che ha sempre dato grande attenzione al tema della diagnosi, e che ha lottato per l’introduzione dello screening neonatale in Italia, offrire oggi supporto comunicativo al progetto Screen4Care è particolarmente importante: vogliamo dare il nostro contributo alla realizzazione di un sistema di screening sempre migliore e fruibile per un numero più ampio di patologie. Crediamo che informare l’opinione pubblica – e dunque le famiglie – ma anche i decisori, sia fondamentale perché i grandi cambiamenti della medicina, soprattutto quando toccano popolazioni ampie come in questo caso, devono essere discussi e compresi per generare i migliori risultati».

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