Scontro Grillo Conte e il futuro incerto del M5S
M5S. Ormai lo scontro tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte è arrivato ad un punto di rottura non più componibile. Viene meno la rifondazione del Movimento, fondato dall’attore e comico genovese assieme all’imprenditore Gianroberto Casaleggio, in una forma partito tradizionale, sotto la guida dell’ex presidente del Consiglio, fisiologicamente alleato di un nuovo centrosinistra. I pentastellati, nonostante abbandoni ed espulsioni, restano ancora la forza politica con il numero maggiore di parlamentari ma secondo i sondaggi raccoglierebbe il 16% dei consensi alle urne, superato dal Pd, che pure ha subito la scissione di Italia Viva. Con la legge elettorale attuale rischia di scomparire davanti ad un centro destra unito che raccoglierebbe, secondo le rilevazioni demoscopiche, un grande consenso distribuito tra Lega e Fratelli d’Italia in competizione tra loro per raggiungere il primato e quindi imporre il nome del prossimo presidente del Consiglio.
I tempi della lunga trattativa con Grillo hanno fatto perdere visibilità a Giuseppe Conte, estromesso da Palazzo Chigi con un’operazione che ha visto schierato in prima fila il partito di Matteo Renzi. Il Conte 2 è caduto a pochi mesi dalla consegna del Recovery plan in Europa, spianando la strada all’esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Draghi e promosso dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Con una conferenza stampa organizzata all’esterno della sede del governo, Conte aveva deciso di non mettersi contro il nuovo ordine delle cose, ma aveva dichiarato di voler promuovere una formazione politica capace di esprimere un’alleanza per lo sviluppo sostenibile, formula in verità che rimanda al tavolo già esistente di diverse associazioni radunate da Enrico Giovannini, attuale ministro “tecnico” dei trasporti e infrastrutture.
Con i riflettori puntati su Draghi è difficile riprendere la visibilità perduta sui media e conquistata da Conte durante l’urgenza improvvisa della pandemia. Nel comunicato di rottura pubblicato sul suo blog, Grillo afferma che Giuseppe Conte «non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione». Affermazioni pesanti che permettono ad Italia Viva di usare ironicamente tali espressioni come una conferma esplicita della tesi sostenuta da Renzi e non solo.
Grillo propone di eleggere internamente al Movimento un Comitato direttivo per «elaborare un piano di azione da qui al 2023». Propone di ricorrere alla Piattaforma Rousseau nonostante il contezioso in essere tra il M5S e Davide Casaleggio, proprietario e gestore della piattaforma
Secondo il cofondatore del Movimento, «Conte può creare l’illusione collettiva (e momentanea) di aver risolto il problema elettorale, ma non è il consenso elettorale il nostro vero problema. Il consenso è solo l’effetto delle vere cause, l’immagine che si proietta sullo specchio. E invece vanno affrontate le cause per risolvere l’effetto ossia i problemi politici (idee, progetti, visione) e i problemi organizzativi (merito, competenza, valori e rimanere movimento decentralizzato, ma efficiente)».
Le interpretazioni di questa presa di posizione spaziano dalla mitologia greca alle più diverse congetture, ma il fenomeno dei 5 Stelle resta inspiegabile senza la cifra carismatica che lo ha fondato. E questo nonostante il grave scivolone in cui è incorso Beppe Grillo con le dichiarazioni relative al processo penale in cui è coinvolto un figlio accusato di violenza sessuale.
Un Movimento antisistema e anti partitocratico giunto alla guida del Paese con la pretesa di superare le categorie di destra e sinistra, governato in maniera decisa con una linea di comando implicita che rimanda a chi lo ha generato tra lo stupore di una classe politica per un certo tempo sarcastica verso le pretese di quel che pareva solo un comico arguto.
L’esercizio del potere ha fatto arrivare ai massimi vertici alcuni militanti di base come l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio, proveniente da Pomigliano d’Arco, definito “buon amico” dal segretario di Stato Tony Blinken con il quale ha co presieduto un vertice internazionale.
Grillo ha dato il suo assenso al governo Draghi spingendo per il ministero della Transizione ecologica a favore di un titolare, Roberto Cingolani, di sicuro competente ma lontano dalla linea ecologista integrale che il Movimento aveva espresso fin dal suo inizio.
C’è chi come Alessandro Di Battista, è rimasto fuori da ogni governo, dal Parlamento e ora anche dal M5S, ma interpreta la posizione più originale del Movimento delle origini con critiche dure e puntuali verso il governo Draghi. Paradossalmente con tesi non dissimili da quelle di Ugo Sposetti, tuttora tesoriere dell’ex Pci e iscritto al Pd, ma giudica l’esecutivo dell’ex governatore della Bce una forma di commissariamento dell’Italia da parte della finanza internazionale.
Attualmente è difficile capire se la scelta di Grillo sarà seguita dai pentastellati rimasti nel M5S e quale direzione prenderà questo percorso. Nel senso di Di Battista o in quello molto più pragmatico e duttile di Di Maio verso nuove strategie ed alleanze.
Il big bang della galassia pentastellata potrà provocare anche una crisi di governo, ma al momento, di sicuro, costituisce un ostacolo nella ricomposizione del centrosinistra promossa dal segretario del Pd Enrico Letta.
Come sempre, accanto alle idee, contano i numeri e l’incognita Conte è destinata a sciogliersi rapidamente. L’ex presidente del Consiglio potrebbe decidere di fondare un partito in grado di raccogliere molti pentastellati, ma anche di attrarre incerti dell’area di centro sinistra. Molto dipenderà dalla visione che saprà offrire concretamente a partire dai tanti dossier che ha aperto durante il suo governo e che Draghi sta gestendo secondo una prospettiva che non vuole essere certo di breve termine.